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Sono trascorsi oramai ben 30 anni da quel fatidico 17 febbraio 1992 quando venne arrestato Mario Chiesa, il "mariuolo" per come lo etichettò all'indomani dell''arresto, l'allora Segretario nazionale del Psi, On. Bettino Craxi. Arresto che segnò l'avvio della stagione chiamta "Mani Pulite" che segnò il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica ed uno dei momenti cruciali dell'epopea "Mani Pulite" fu rappresentato dalla deposizione dell’On. Giacomo Mancini, più volte ministro e segretario nazionale del Psi, rilasciata ai pm Davigo e Di Pietro che determinò l’invio del primo avviso di garanzia all'allora segretario nazionale del Psi, Bettino Craxi e l'inizio del suo declino.  Erano maturati i tempi per effetto di cambiamenti che sconvolsero gli equilibri geo – politici. La caduta del muro di Berlino modificò il ruolo strategico internazionale dell’Italia. Non vi era più necessità da parte dell’America di foraggiare la vecchia Dc ed il vecchio Psi in funzione anticomunista. Anzi, i comunisti all'italiana, forti nella magistratura e nelle università, erano pronti alla conquista del potere. Di tale scenario era perfettamente consapevole il più grande leader socialista calabrese, Giacomo Mancini, che dall'alto della sua esperienza aveva già intuito il disegno strategico che avrebbe portato con sé la distruzione del vecchio Psi e della vecchia Dc.

E con tale consapevolezza il 18 novembre 1992 Giacomo Mancini alle ore 12.00 si presentò presso gli uffici del Palazzo di giustizia di Milano, qualche giorno dopo aver rilasciato una pesante intervista al “Corriere della Sera” nella quale lo stesso Mancini ipotizzava che tutti i flussi di denaro provenienti, illegalmente, al partito non potevano non essere a conoscenza del segretario nazionale del partito, On. Bettino Craxi.

La deposizione di Giacomo Mancini segnerà un ruolo determinante nell'elaborazione di quel famoso teorema per il quale “Se nel partito vi sono stati finanziamenti illeciti il segretario del partito, in quanto tale, non poteva non sapere”. Teorema che contribuì all'emanazione del primo avviso di garanzia per l’allora Segretario nazionale del Psi, Bettino Craxi e l'avvio concreto di quel processo politico – giudiziario che si concluse con la sua morte nella terra lontana tunisina ad Hammamet.

E la deposizione dell'ex segretario nazionale del vecchio Psi, per la sua completezza, per la definizione del sistema che già da tempi lontani legava il mondo delle partecipazioni statali e dell'imprenditoria al finanziamento illegale dei partiti, costituisce, oggi, un formidabile documento storico, sia per le personalità citate nella deposizione, sia per il livello di credibilità dello stesso Mancini e sia perché l’interrogatorio era in riferimento alla volontà da parte del pool di Mani Pulite di giungere a Bettino Craxi che fu il simbolo stesso di Tangentopoli e di un sistema politico che doveva essere abbattuto. Deposizione la cui copia, oggi documento storico di notevole rilevanza, pubblichiamo integralemnte:

Procura della Repubblica – Presso il Tribunale Ordinario di Milano

Deposizione dell’On. Mancini Giacomo

Verbale di assunzione di informazioni (art. 362 c.p.p.):

“L’anno 1992 il mese di novembre il giorno 18 alle ore 12.00 in Milano, innanzi al Pubblico Ministero , Dr. Gherardo Colombo, … è comparso Giacomo Mancini che, richiesto delle generalità, risponde: Sono nato a Cosenza il 21 aprile 1916, risiedo a Roma, Piazza …”

Avvertito dell’obbligo di riferire ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito, gli viene posta la seguente domanda:

(posta da Gherardo Colombo a Giacomo Mancini)

In una intervista a lei attribuita, pubblicata dal “Corriere della Sera” in data 7 novembre 1992 sono riportate alcune affermazioni riguardanti l’On. Vincenzo Balzamo, che parrebbero non coincidere con quanto risulta per altro verso dagli atti processuali. Riconosce per sue le affermazioni attribuitele ed è in grado di riferire più compiutamente quanto a sua conoscenza in ordine alla percezione di somme non contabilizzate da parte dell’On. Balzamo?”.



A tale domanda Giacomo Mancini risponde:

“Le cose che ho detto le confermo. Voglio fare una premessa in ordine alla mia lunga militanza socialista e in ordine alla mia conoscenza diretta e indiretta di quanto è avvenuto nel Partito Socialista sotto il profilo politico e quello amministrativo. Sinteticamente, in quella intervista, io, se ben ricordo, ho avuto degli apprezzamenti critici per l’atteggiamento del segretario del partito che, sicuramente commosso per la morte dell’On. Balzamo, tendeva a mio parere ad esasperare le conseguenze cui sarebbe andato incontro lo stesso Balzamo dall’evolversi delle indagini.

Io ritengo che Balzamo sicuramente controllava una parte delle entrate non contabilizzate del partito, lo so per via indiretta essendo stato a suo tempo segretario del partito e conoscendo quindi i meccanismi di allora ed inoltre essendo conoscente ed amico di persone molto vicine a Balzamo, che mi hanno riferito molti particolari del settore amministrativo. Sulla base di questi elementi posso dire che contatti riguardanti pagamenti non palesi tra il segretario amministrativo del partito ed imprese esistono per il settore edilizio. I flussi finanziari rimanenti, i flussi finanziari nel loro complesso non fanno però capo al segretario amministrativo. La mia convinzione è che il segretario del partito socialista ben conoscesse quel che passava dalla segreteria amministrativa ma che non fosse vero il contrario e cioè che non fosse vero che il segretario amministrativo fosse a conoscenza dei flussi complessivi riguardanti il partito. Balzamo contabilizzava soltanto il settore dell’edilizia, delle concessioni e degli appalti, perché anche in altre epoche avveniva così. Gli sfuggiva invece tutta la parte che non trattava direttamente e cioè tutta la parte relativa ai rapporti tra partito e banche, partito e Iri, partito e grandi imprese, partito e finanza, parte che invece faceva capo direttamente alla segreteria del partito. Sulle entrate riferibili a questi rapporti non esiste attualmente alcun controllo (ne esisteva poco anche ai miei tempi, ma ora esso manca del tutto ) e quindi è difficile essere precisi sull’argomento. Io ho frequentato Balzamo anche in tempi recenti e ho potuto constatare che aveva una forte preoccupazione di parlare di queste questioni. Altri ne hanno parlato, altri ne parlano. Incontrando parlamentari, ministri, sentendo voci e così via si può arrivare ad una ricostruzione che non è lontana dalla verità. Tutti questi rapporti, per quel che ho potuto apprendere, prescindevano dal segretario amministrativo facendo invece capo direttamente alla segreteria politica. Voglio fare un esempio per farmi capire meglio. Hanno parlato tutti di un incontro avvenuto tra Craxi e l’allora presidente della Banca Nazionale del Lavoro, Nesi. Io parlai allora con Nesi , gli chiesi di cosa si trattava, lui non mi specificò il fatto ma mi disse che non aveva accettato delle richieste che gli erano pervenute dal segretario del partito. Ebbene da vicende di questo tipo era sicuramente del tutto estraneo Balzamo. Per fare un altro esempio, tradizionalmente, anche quando ero io il segretario del partito, l’Iri contribuiva, ancorché con cifre modeste, alla vita amministrativa del partito. Allora avveniva che mensilmente i dirigenti dell’Iri (Petrilli e Modugno), versassero un contributo al partito. Il contributo non era superiore di molto ai venti milioni mensili e veniva versato alla segreteria amministrativa. Io non so se successivamente a me questa quota periodica sia stata mantenuta. Allora tale quota periodica (eravamo nei primi anni 70) serviva in sostanza, insieme ad altre piccole entrate, a mantenere l’apparato organizzativo del partito. Da allora le entrate si sono estese, sono diventate rispetto ad allora macroscopiche. In questa nuova impostazione io non so se sia stata mantenuta la periodicità dei versamenti esistenti allora, penso anche che il rapporto con l’Iri non sia più – al contrario dei tempi miei – essenziale ai fini del mantenimento del partito e suppongo che il rapporto economico da periodico, come era allora, si sia modificato e si sia allacciato a specifici momenti come la stipulazione di un contratto o al verificarsi di operazioni e così via. Ora, se le entrate di cui si tratta fossero rimaste periodiche, esse avrebbero continuato a far capo al segretario amministrativo, in caso contrario no. Perché sarebbero state il risultato di incontri, di relazioni collegate più all’attività politica che a quella amministrativa. Faccio comunque presente che oltre a quello che ho detto io non sono in grado di portare situazioni specifiche in relazione alle quali potere affermare che si sono verificate entrate non palesi per il partito delle quali Balzamo non fosse a conoscenza.

Si dà atto che a questo punto (della deposizine n.d.r.), ore 12.35, interviene il Pm dr. Antonio Di Pietro.

L’On. Mancini dichiara quanto segue:

Sono da sempre esponente del Partito Socialista Italiano e ho svolto anche le funzioni di segretario politico nazionale di detto partito fino all’anno1972, epoca in cui la segreteria passò all’On. De Martino ed io assunsi alcune cariche istituzionali tra cui nel 1974 quella di ministro per il mezzogiorno. Nel 1976 la segreteria politica venne affidata all’on. Bettino Craxi. Naturalmente anche successivamente tale data e a tutt’oggi sono membro onorario della direzione nazionale del Partito Socialista Italiano e fino al 6 aprile 1992 sono stato deputato al Parlamento Italiano. Ritengo, quindi, di essere a conoscenza dei meccanismi di finanziamento del Partito Socialista Italiano nelle diverse epoche che presentano caratteristiche diverse e cioè:

Prima fase. Periodo dell’Unità d’azione:

Siamo nel periodo che va dal 1948 al 1952 circa ed è il periodo in cui il Partito Socialista Italiano ed il Partito Comunista Italiano perseguono ideologicamente una stessa identità di vedute e unita di azione. In questo periodo i fondi necessari per il mantenimento del partito ( e cioè sia per le sue strutture che per la propaganda) sono di modesta entità e provenienti dai Paesi dell’Est (Urss e altri paesi del socialismo reale, ad esempio la Polonia ci forniva la carta per stampare i giornali).

Seconda fase. Periodo dell’Autonomia:

Siamo nel periodo che va dal 1952 agli anni 1960 – 1961 circa ed è il periodo in cui il Partito Socialista Italiano cerca e trova una propria autonoma identità terminando l’epoca dell’unità d’azione con il Pci. Anche in questo periodo le spese per il mantenimento delle strutture del partito e per la sua propaganda sono di modesta entità e sono state principalmente reperite nel settore delle partecipazioni statali e attraverso contributi di privati. In altri termini in quel periodo i responsabili all’epoca dell’Iri usavano dare dei contributi in nero anche al Partito Socialista Italiano. Parimenti alcuni, ma pochi, imprenditori privati davano anch’essi dei contributi in nero al Psi ( ad esempio tra l’allora segretario Nenni e l’imprenditore Rizzoli vi era un rapporto di fraterna amicizia essendo gli stessi stati insieme nei “Martinitt” e per questa loro fratellanza l’imprenditore aiutava il vecchio amico Nenni).

Terza fase. Periodo del centro – sinistra:

Siamo nel periodo che va dal 1961 – 1962 circa fino al 1976 ed è una fase in cui il Partito Socialista Italiano diventa forza di governo e in questa sua posizione inizia ad avere più pregnanti rapporti con forze economiche presenti nel territorio. In questo periodo i fondi occorrenti per far fronte alle esigenze del partito provengono essenzialmente da finanziamenti in nero del sistema delle partecipazioni statali ( mi riferisco all’Iri nelle persone di Petrilli e Modugno e all’Eni nella persona di Eugenio Cefis) nonché da qualificati e selezionati imprenditori presenti sul territorio italiano (per esempio la Vianini, qualcuno dei Caltagirone, Nino Rovelli, Farsura ed altri), che pure erano soliti versare delle somme in nero per il sostentamento del partito.

Quarta fase. Periodo del post – Midas:

Mi riferisco al periodo che va dal momento in cui ha assunto la dirigenza della segreteria politica l’on. Bettino Craxi fino ad oggi (18 novembre 1992 n.d.r.). E’ il periodo in cui l’on. Bettino Craxi diventa anche Presidente del Consiglio. Insomma inizia e si espande una nuova era del Partito Socialista piena di opulenza e di ricchezza. Nascono grandi ambizioni politiche, grandi desideri di espansione e la politica di spirito di servizio finisce per diventare politica spettacolo. Predomina la cultura dell’immagine, quella della propaganda ed allora si spendono somme enormi per stampati, manifesti, poster, viaggi, libri, modi di vivere non confacenti. E’ il periodo in cui non si bada a spese perché parallelamente viene creato un sistema più proficuo di entrate, ciò in aggiunta ai fondi previsti dalla legge sul finanziamento ai partiti. Mi riferisco in particolare a gruppi imprenditoriali – tra cui la Montedison, Ligresti e il suo gruppo, il gruppo Berlusconi probabilmente.

(Era il 1992 e Berlusconi non era ancora sceso in campo ma era solo un imprenditore n.d.r.).

L’operazione Enimont è sicuramente connessa a vantaggi patrimoniali del Partito Socialista. Insomma nel giro delle grandi operazioni finanziarie il Partito Socialista occupa una posizione centrale nel senso che è l’ago della bilancia e quindi anche al Psi vengono versate somme di denaro per ottenere l’avallo in operazioni di rilevante consistenza. Preciso infine che la posizione del segretario amministrativo – e dell’On. Balzamo nella specie – è stata sicuramente quella di referente nelle questioni riguardanti i singoli appalti ma non può considerarsi la figura centrale del complesso delle operazioni politiche e finanziarie che hanno avuto come protagonista con gli altri partiti anche il Partito Socialista Italiano nella persona dl suo segretario on. Bettino Craxi, al quale quindi devono riferirsi anche le decisioni sulle entrate provenienti dai gruppi finanziari in questione. Mi riferisco sia alle entrate provenienti al di fuori della legge sul finanziamento ai partiti o, addirittura, ad accordi non leciti.

Letto e sottoscritto

On. Giacomo Mancini

(nella deposizione al fianco della firma del’On. Mancini compare anche quella del Sostituto, Dott. Antonio Di Pietro)

Oggi, 8 gennaio 2022, è venuta alla luce una bella bimba di nome Giulia. La redazione dei collaboratori e "La Voce Cosentina.it" esprimono i loro più cari aguri alla mamma, la professoressa Alessandra Bonofiglio, al papà, l farmacista Luigi Miceli e al nonno per la nascita della sua prima nipotina, Gianfranco Bonofiglio, direttore de "La VoceCosentina.it". Che la vita possa riservare serenità e buona sorte alla bella bimba che ha allietato con il suo arrivo la casa di Luigi e Alessandra.

Redazione

In molti erano i giornalisti che avrebbero voluto scrivere la storia di Franco Pino, l'indiscusso Boss di Cosenza negli anni '80 e collaboratore di giustizia ormai dal 1995. A curare un libro nel quale Franco Pino racconta in prima persona la sua storia, quella della sua vita precedente è stato Pino Nicotri, giornalista di lungo corso, corrispondente dal Veneto del quotidiano "La Repubblica", tra i fondatori de "Il Mattino di Padova" e de "La Tribuna di Treviso" e per ben 35 anni giornalista de "L'Espresso", oltre ad essere l'autore di numerosi libri - inchiesta.

Il libro, "Il boss dagli occhi di ghiaccio - Le confessioni di un grande capo della 'ndrangheta", edito dallo stesso autore nel 2020, è un racconto in prima persona di ben 250 pagine nelle quali Franco Pino racconta la sua vita sino al 1995, l'anno in cui, allora aveva 43 anni, decide di saltare il fosso e di passare da boss di prima grandezza ad importante collaboratore di giustizia. Un racconto avvincente di un uomo che giovanissimo, a soli 25 anni in seguito all'omicidio di Luigi Palermo detto "U Zorru" avvenuto il 14 dicembre 1977, conquista i galloni di capo. Non è solo il racconto minuzioso e dettagliato dei tantissimi omicidi che insanguinarono la città durante la prima guerra di mafia nello scontro fra i gruppi che si contendevano la città, ma è anche e soprattutto il racconto degli intrecci con la politica, con il mondo degli appalti, con i partiti, con le istituzioni, con pezzi della magistratura, con collusi delle forze dell'ordine ed è soprattutto il dipinto di una città dove l'illegalità regna sovrana, dove la cultura mafiosa è la padrona, dove non esiste alcun anticorpo alle mafie, dove non vi è alcun valore dell'onestà e dell'osservanza delle leggi. Dove lo Stato è un nemico e dove la regola è solo quella di ingraziarsi il potere per trarne sempre il massimo profitto. In anni in cui si viveva il boom economico, dove si costruivano i palazzi, dove i soldi giravano a fiumi, dove i soldi pubblici erano destinati nella loro gran parte a tangenti e ad alimentare quel sottobosco nella quale la criminalità cresceva e prosperava, più di quanto gli stessi criminali potessero sperare. Nel libro si racconta "il tentativo di trasformare in 1.500 miliardi di lire i quintali di carta filigrana fatti sparire dalla zecca di Stato e  - per come afferma il giornalista Pino Nicotri in una sua intervista sul libro rilasciata al quotidiano on - line blitzquotidiano.it  - conservate nei sotterranei del Vaticano".  "Franco Pino voleva modernizzare la 'ndrangheta - racconta ancora Pino Nicotri nell'intervista - e che finisse l'epoca degli omicidi e delle sparatorie. Voleva si puntasse invece sugli appalti di tutti i tipi, privati e pubblici, per lucrare buone percentuali dei capitali investiti offrendo in cambio protezione e tranquillità durante la realizzazione dei lavori appaltati. Mettendosi d'accordo con largo anticipo coi politici, progettisti, imprenditori e manager, il boss dagli occhi di ghiaccio aveva varato quella che lui chiamava “procedura paralecita”: ottenuti gli appalti, decideva a chi distribuirli sul territorio facendo in modo che venisse impiegata sempre manodopera locale, in modo che potesse “portare il pane a casa” anziché vedere arrivare operai e impiegati da altre località, magari neppure calabresi.  Dalla narrazione di Pino Franco viene fuori uno spaccato incredibile. Allarmante". "Uno spaccato che purtroppo però - continua il giornalista Pino Nicotri - non è solo della società calabrese… Ne emerge infatti che le grandi associazioni criminali senza complicità nel resto dell’intera società non potrebbero esistere: sarebbero pesci privi dell'acqua nella quale nuotare e grazie alla quale respirare. Il malaffare e la corruzione che sempre l'accompagna si infiltrano e si diffondono come un cancro. Realtà sempre più confermata dalle cronache del BelPaese. Sotto questo profilo è divertente notare che a un certo punto il boss ha aperto e man mano ingrandito con due suoi amici la Boutique dei Fiori, diventata il suo quartier generale.  Dalla Boutique dei Fiori partivano condanne a morte, attentati, ordini di rappresaglia, e nella Boutique dei Fiori si decidevano estorsioni, grassazioni, alleanze, guerre, tregue e i periodi di pace. Vi arrivavano in visita “di lavoro” boss amici e nemici anche dal resto della Calabria, uomini d'onore, politici in cerca di voti e di favori mortali, imprenditori in cerca di protezione. E tra i clienti, quelli che si limitavano a comprare fiori, piante, corone di laurea, corone per funerali, e ordinare addobbi per le più svariate occasioni, feste e ricorrenze, compresi i ricchi addobbi per la visita in città di papa Wojtyla il 6 ottobre ’84, non mancavano poliziotti, carabinieri, direttori del carcere locale, militari della Finanza… Tutti trattati coi guanti gialli da ricambiare all'occorrenza con qualche favore compiacente, dalle soffiate ad altro ancora". "A porre fine all’epopea  'ndranghetista - conclude Pino Nicotri - non solo del boss dagli occhi di ghiaccio, fatto segno per tentare di ucciderlo a tre sparatorie, due delle quali mentre era in carcere, e al suo sogno di modernizzazione, sarà l’eccesso di crudeltà. Crudeltà per giunta inutile. Che convincerà più d’uno a saltare il fosso e vuotare il sacco dai magistrati per salvarsi la pelle".  Nel libro si delinea lo spaccato di una città corrottissima, dove la cultura mafiosa è imperante. Una città con gran parte della magistratura compiacente, con politici che facevano la fila per chiedere favori al boss, con professionisti che speravano di tessere un rapporto confidenziale. Il vero "Sindaco" della città è stato in quegli anni Franco Pino, come il "Sindaco" di rione sanità a Napoli descritto magistralmente da Peppino De Filippo. Una realtà incredibile che trascinò Cosenza nell'oscurità di una guerra di mafia dove caddero anche poveri innocenti colpiti da proiettili vaganti che in una città crudele come Cosenza nessuno ne ricorda neanche il nome. Tutti coloro i quali erano da contorno alla criminalità di quel periodo rimasero impuniti. Molti non vi sono più, altri ricoprono ruoli importanti ancora oggi. Franco Pino da pentito fece i nomi di tanti notabili della città che erano a lui compiacenti. Ovviamente rimasero parole vuote. Tutte le dichiarazioni divennero non degne di affidabilità. Tutto venne insabbiato nel più degno copione del "Porto delle Nebbie". La stagione di Franco Pino finì. Oggi è un signore che il prossimo 26 marzo compirà 70 anni, senza più alcuna protezione, cessata dopo venti anni dal pentitismo, che ogni tanto depone ancora in qualche processo. Dal 1995, cioè da ben 27 anni vive la sua seconda vita da esperto di informatica. L'aver scritto questo libro è stato un tuffo nella sua prima vita. Un libro che avrebbe meritato maggiore attenzione. Sono passati troppi anni e la "memoria" non è mai stato il forte della comunità calabrese e cosentina. La criminalità di oggi, molto più forte dei tempi di Franco Pino, non spara più. E' oramai una criminalità imprenditrice. Ha conquistato i ruoli sociali più importanti. Non ha più bisogno di rapine, di morti e di clamore. Gestisce gli affari, investe in attività apparentemente lecite. Ha conquistato gran parte dell'economia gestendo in forma monopolistica tante attività imprenditoriali. Continua a gestire il grande affare del mercato della droga. Sempre impunita e sempre protetta. In realtà ha vinto. Ha scalato la società. E' uscita dal ghetto dei quartieri popolari. E' oggi la nuova borghesia rampante. I figli sono medici, imprenditori della sanità, commercialisti, imprenditori. Il passo è compiuto. La scalata sociale costruita sul piombo e su tanti morti con la complicità dello Stato corrotto ha dato i suoi frutti. I tempi del "boss dagli occhi di ghiaccio" sono definitivamente tramontati.

Redazione
 

L'inchiesta ed il processo denominato 'ndrangheta stragista con principali imputati i fratelli Graviano e Rocco Filippone legato al potente clan Piromalli, cerca di ridefinire non solo il rapporto fra mafia siciliana e 'ndrangheta ma ripercorre anche un periodo storico, quello della fase finale della Prima Repubblica ed il tumultuoso passaggio verso la seconda.

L'interra fase della Prima Repubblica era stata caratterizzata dall'unico denominatore comune che era quello di evitare che il comunismo potesse prendere il potere in Italia. 

Con l'obiettivo prioritario di evitare qualsiasi compromesso storico che era inviso sia alle forze statunitensi che controllavano il Paese, loro alleato con il Patto Atlantico, che alle forze sovietiche che in Italia potevano contare sul più forte  partito comunista in un Paese occidentale.

Non per nulla fra tutti i partiti comunisti presenti nel mondo occidentale quello sul quale Mosca investì di più in termini di finanziamenti in un fiume di dollari fu il Pci. Si calcola che l'importo dell'Oro di Mosca equivalesse almeno a tre volte l'importo complessivo delle tangenti incassate da tutti gli altri partiti.

Barbara Piattelli è stata una delle vittime della stagione dei sequestri che dal lontano 1973 al 1997 fruttò circa 800 miliardi di vecchie lire per un totale di ben 694 sequestri di persona ( 564 uomini e 130 donne) quasi tutti ad opera delle potenti 'ndrine che controllavano il territorio dell'Aspromonte dove spesso venivano tenuto gli ostaggi per periodi anche lunghissimi.

Editoriale del Direttore