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La costruzione del nuovo Ospedale a Cosenza, una storia infinita, come tutte le telenovelle calabresi. Anni ed anni di discussioni, di lotte di campanile, fra Cosenza, Rende, Mendicino, Montalto e così via. Diatribe per decidere il luogo, diatribe su tutto e gli anni, inesorabili, passano.

Ma è d'obbligo rimembrare una storia tipicamente cosentina. Quella della costruzione dell'Ospedale regionale che si sarebbe dovuto chiamare "Valentini" e che sarebbe dovuto sorgere nel comune di Mendicino. Una storia che è andata ben oltre alle sterili discussioni.

Sin dalla fine degli anni '70 si sentiva l'esigenza di dotare l'area urbana cosentina di un nuovo Ospedale e nei primi anni '80 venne individuata una vasta area dove far sorgere un grande Ospedale regionale. Un'area vastissima.

120 ettari, 1.200.000 metri quadrati espropriati per il nuovo Ospedale

Ben 120 ettari di terreno, circa 1.200.000 metri quadrati. E' bene ripeterlo, 1.200.000 metri quadrati. Un'area talmente vasta da potervi edificare una città. Ebbene, in quegli anni l'area venne espropriata. Area che si affaccia sul quadrivio di Contrada Tivolille di Mendicino, comune limitrofo a Cosenza che conteggia attualmente 9.921 residenti.

Esproprio che venne segnato, per come accadeva sempre in quel periodo, da ricorsi giudiziari da parte dei proprietari che subivano l'esproprio. E considerato che siamo in Italia, ancora oggi a distanza di ben 40 anni, vi sono contenziosi aperti.

E tutti questi terreni sono oggi di proprietà dell'Asp di Cosenza, ovviamente mai utilizzati e facenti parte di un patrimonio immenso che è difficile anche quantificare considerando che i bilanci del'Asp di Cosenza non sembra siano completi o fortemente attendibili.

Antonio Palermo, Sindaco di Mendicino

A ricordare ogni tanto che esistono ben 1.200.000 metri quadrati espropriati per la costruzione di un nuovo presidio ospedaliero il primo cittadino di Mendicino, Antonio Palermo.

 

La Storia dell'Ospedale mai realizzato


A metà degli anni '80 i lavori per la costruzione vennero affidati ad una ditta e appena i lavori iniziarono durante i primi scavi venne ritrovato all'interno di un vecchio rudere diroccato un'anfora di dubbio valore archeologico.

Tale ritrovamento, anche in seguito ad alcuni esposti,  fu ritenuto sufficiente per indurre  l'allora Sovrintendenza dei Beni Culturali ad imporre il fermo dei lavori. La Sovrintendenza sottopose a vincolo archeologico l'intera ed immensa area e tutto si blocco', nel perfetto stile italico.  

Data la vastità dell'area espropriata è bene menzionare che nella stessa è collocata anche la Grotta delle Palazze, esattamente nei pressi dell'area di S.Michele, area vincolata sin dal 1982, ( sono trascorsi esattamente 40 anni), nella quale si ritrova un dipinto medievale di autore ignoto, di indubbio valore artistico, ma nei fatti abbandonato.

Grotta delle Palzze, Contrada S. Michele, Mendicino

Nel dipinto è ritratta una panoramica del borgo antico di Mendicino. Una grotta costruita artificialmente. Un dipinto antecedente al sedicesimo secolo. Sembra che lo stesso, paradossalmente, pur essendo collocato una una vasta area vincolata perchè ritenuta archeologica, non sia soggetto ad alcun vincolo da parte della Sovrintendenza. Un dipinto che per l'acqua piovana che infiltra le mura si deteriora sempre più.

Lo stesso Primo Cittadino di Mendicino, in merito al vincolo archeologico ancora oggi in vigore, ha sottolineato in alcune interviste che "Non è mai partita una campagna di scavi per capire cosa realmente ci sia sotto terra e se effettivamente il tempo abbia celato oggetti di importanza storico-culturale. Ad ogni modo, tra un secolo e l’altro sono fioccate le cause per la retrocessione dell’espropriazione per pubblica utilità. Addirittura ancora oggi nel Piano strutturale comunale la vasta area è identificata quale "zona archeologica".

Vincolo che ha determinato anche l'impossibilità di sviluppo e di urbanizzazione di una vastissima area a ridosso della città capoluogo. 

 

I megarisarcimenti e lo spreco di denaro pubblico

 

Ovviamente, sempre nel perfetto stile italico e politico dell'epoca ( che a Cosenza, città immobile, è poi lo stile imperante ancora oggi) l'impresa alla quale vennero affidati i lavori che vennero poi sospesi e non per colpe addebitabili alla stessa ditta, ottenne per il non rispetto delle norme contrattuali, un risarcimento "monstre" di ben 7 miliardi di vecchie lire.

Per non parlare delle cifre iperboliche che andarono agli studi ingegneristici di alcuni professionisti cosentini molto rinomati dell'epoca e molto vicini ( prerequisito fondamentale) ai big politici di quel tempo, alcuni dei quali sono ancora big politici del nostro tempo, che ebbero l'incarico di redigere la progettazione dell'opera.

Un patrimonio di ben 1.200.000 metri quadrati di terreno passati dalla vecchia e mitica U.S.L., poi alla successiva A.S.L ed oggi all'Asp. Un terreno immenso espropriato, cause legali perse con esorbitanti parcelle pagate senza batter ciglio, risarcimento miliardario per l'impresa che ha incassato senza far nulla.

Uno scenario di spreco di risorse pubbliche impressionanti per le quali nessuno, come sempre, ha pagato nulla di nulla. Anzi, in tanti facenti parte dei soliti ambienti politico - imprenditoriali. professionali ed istituzionali collusi e impuniti in eterno,  che a Cosenza hanno sempre fatto e continuano fare il bello e cattivo tempo, hanno arrotondato qualche bel gruzzoletto.

Una ennesima storia come tante altre. Ed oggi ad oltre 40 anni di distanza si continua a discutere su dove far sorgere il nuovo Ospedale.

Come scriveva il grande scrittore siciliano, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nel suo favoloso "Il Gattopardo", "tutto cambia e nulla cambia". Soprattutto a Cosenza e dintorni.

Redazione


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