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I dati diffusi dall'Istat nell'ultimo documento previsionale dello scorso 8 giugno fanno rabbrividire. Il dato più preoccupante è quello di due milioni di disoccupati in più, cioè di 2.000.000 di posti di lavoro persi per effetto della forte riduzione dei consumi dovuta allo stop imposto dal Coronavirus. Un calo del Pil dell'8,3%. Una riduzione dei posti di lavoro così marcata da ritornare ad un numero di occupati addirittura inferiore alla grande crisi del 2008 e che in alcune aree del nostro Paese, in particolar modo alcune regioni del Mezzogiorno coma la Calabria, non è stato più possibile uscirne. In soli tre mesi di blocco si è distrutto quanto recuperato a livello nazionale in ben 12 anni, cioè dal 2008 al marzo 2020. Sono ben 8 milioni e mezzo di italiani in cassa integrazione che hanno subito un drastico calo dei loro redditi con lka conseguenza inevitabile di un calo dei consumi. Questi i dati nazionali che si aggravano notevolmente quando si estrapolano i dati della parte più debole del Paese, il Mezzogiorno che non essendo più una realtà uniforme, ma una realtà a macchia di leopardo, esprime la massima penalizzazione in quella regioni come la Calabria che non è certamente paragonabile alla Puglia o alla Basilicata. In un tale contesto si evidenzia ancor di più l'inadeguatezza e la evidente incapacità della classe politica selezionata negli anni senza alcun criterio di merito ma solo attraverso un sistema di corruzione diffusa e clientelare che vale per tutti i partiti di ogni colore. Quale saranno i possibili scenari futuri? Difficile dirlo e poterlo prevedere. Certamente regna l'incertezza e la sfiducia, altri elementi determinanti che non aiutano certo una possibile ripresa che appare sempre più lontana.
Redazione
 

Il mancato decollo imprenditoriale della Calabria ha origini antiche. Chi non ricorda nella Prima Repubblica il dibattito sulla "Questione Meridionale", chi non ricorda la creazione di enti quali lo "Svimez", o le grandi aziende a partecipazione statale che inondarono il Sud di miliardi ma che non determinarono alcun cambiamento. Chi non ricorda le grandi opere incompiute fra assurdi progetti di iniziative industriali mai decollate ed oggi cattedrali nel deserto arrugginite e devastanti sul piano ambientale. In realtà l'unica strada praticata è stata quella dell'assistenza per creare un livello di "consumi" utile alla parte forte del Paese. Con la complicità di una classe politica che sul bisogno e sulla gestione dell'assistenza ha costruito la sua fortuna politica. Ed ancora oggi, nel 2020, quella costruzione del modello assistenziale ha un suo peso preponderante. Basti pensare ad un solo dato di per se illuminante. Quello del numero di pensioni erogate. Numero complessivo che comprende pensioni di vecchiaia, di invalidità, di infortunio sul lavoro e così via. Ebbene su una popolazione residente di 1.965.000 calabresi e di "veri" abitanti di circa 1.750.000 considerando che almeno 200.000 calabresi vivono fuori dalla Calabria ma ne conservano per svariati motivi la residenza, le pensioni erogate sono 728.631, cioè il 40% della popolazione reale. Una percentuale altissima. La più alta d'Europa. A questo dato si aggiungono i 105.000 impiegati pubblici e i circa 65.000 percettori del reddito di cittadinanza. Escludendo i minori, con una popolazione maggiorenne di circa 1.400.000 abitanti quasi 1.000.000 percepisce redditi che nulla a che fare hanno con il sistema produttivo. Esattamente l'opposto di regioni come la Lombardia o il Veneto dove il sistema produttivo imprenditoriale è il 90% dell'intero tessuto economico. Un divario abissale, stratosferico, siderale, altro che la "Questione Meridionale", oramai defunta e dimenticata da tutti non essendovi più nei palazzi romani alcun autorevole personaggio politico che sia un vero meridionalista. Sul modello assistenziale si è formata la cultura del "compare", dell'amico degli amici, del politico quale dispensatore di "favori". Sul modello assistenziale si è basata ed è cresciuta la cultura dell'illegalità diffusa, della distruzione del merito, costringendo i migliori ad andarsene il terre dove la meritocrazia esiste, e costruendo una "società" propensa a idolatrare politici vampiri e distruttori e criminali che sono la parte complementare e necessaria di un "sistema" basato sul bisogno, sull'illegalità e sull'assistenza. Un "Sistema" che nessuna crisi economica, che nessun Covid-19 potrà mai modificare. Un "Sistema" collaudato e radicato nella cultura collettiva, nel modello di vita e nella società in ogni sua espressione. Crisi on non crisi, l'assistenza continuerà e nulla cambierà. Questa è la Calabria, la terra dell'immobilismo e dell'assistenza. La terra dove a pagare il prezzo più alto saranno e sono solo le nuove generazioni che, senza colpa alcuna, pagheranno le colpe delle generazioni precedenti che per ottenere la tanta agognata "assistenza" hanno consegnato la Calabria da un ceto politico famelico e predatore.

Crolla la produzione industriale in Italia per effetto del lockdown legato all’emergenza sanitaria da Covid-19. A marzo 2020 l’Istat stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca del 28,4% rispetto a febbraio. Corretto per gli effetti di calendario, l’indice complessivo è diminuito in termini tendenziali del 29,3% (i giorni lavorativi sono stati 22 contro i 21 di marzo 2019). Un dato così negativo non di registrava dall’inizio delle serie storiche nel 1990. Nella media del primo trimestre dell’anno, il livello destagionalizzato della produzione diminuisce dell’8,4% rispetto ai tre mesi precedenti.A marzo “le condizioni della domanda e le misure di contenimento dell’epidemia di Covid-19 – è il commento dell’Istat . determinano un crollo della produzione industriale italiana. In termini tendenziali l’indice corretto per gli effetti di calendario mostra una diminuzione che è la maggiore della serie storica disponibile (che parte dal 1990), superando i valori registrati nel corso della crisi del 2008-2009. Senza precedenti anche la caduta in termini mensili dell’indice destagionalizzato”. Tutti i principali settori di attività economica registrano flessioni tendenziali e congiunturali, in molti casi “di intensità inedite”: nella fabbricazione di mezzi di trasporto e nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori la caduta congiunturale e tendenziale supera ampiamente il 50%. Relativamente meno accentuato è il calo nelle industrie alimentari, bevande e tabacco che, considerando la media degli ultimi tre mesi mantengono una dinamica tendenziale positiva.

Fonte: Askanews.it 

 

La forte recessione economica quale inevitabile conseguenza della drastica riduzione dei consumi imposti dalla pandemia da Coronavirus avrà inevitabilmente ripercussioni maggiori nei tessuti economici più deboli e strutturalmente più fragili. Fra questi vi è il già fragilissimo tessuto economico calabrese, provato da una crisi avviata nel 2008 e dalla quale non riesce ad uscire. Un tessuto economico ed imprenditoriale da sempre in grande difficoltà. Inutile sottolineare i tanti record negativi detenuti da anni, dal più alto tasso di disoccupazione fra tutte le Regioni d'Europa, al più basso reddito pro - capite fra tutte le regioni d'Italia ad una forza - lavoro che si riduce sempre più. Basta citare solo alcuni numeri per cercare d fotografare  l'esistente. I residenti in Calabria sono 1.956.687 dei quali almeno 200.000 sono sulla carta residenti in Calabria ma, nei fatti, vivono per studio o lavoro in altre regioni anche se molti di questi sono in fase di ritorno. In 728.631 (quasi il 40% dell'intera popolazione, la percentuale più alta di tutte le 251 regioni d'Europa) percepiscono una pensione ed il 68% delle pensioni è al di sotto delle 1000 euro mensili. In 105.539 sono i dipendenti pubblici ed altri 350.000 sono dipendenti privati, commercianti, precari e partire Iva. Circa 200.000 i minorenni e studenti. I rimanenti 350.000 alla permanente ricerca di un lavoro. Una percentuale di forza lavoro occupata fra le più basse d'Europa di circa 500.000 calabresi, uno su quattro. In una situazione del genere e con la dimensione allarmante della crisi attuale con la disoccupazione che a fine 2019 registrava un tasso del 21,1% si rischia che la disoccupazione possa passare dall'attuale 20,1% al 38 - 40%. In pratica si rischia il raddoppio dei dati relativi alla disoccupazione con una percentuale da bancarotta sociale che potrebbe provocare anche l'avvio di situazioni a rischio sul piano della stessa tenuta democratica. In quanti in Calabria vivevano alla giornata, fra lavoro nero e lavori precari, in quanti riuscivano a sbarcare il lunario senza, ovviamente, potersi permettere di incamerare dei risparmi per i tempi più magri. E' difficile poter quantificare le inevitabili nuove povertà che scaturiranno dai tanti piccoli esercizi commerciali che rischiano di chiudere e dai tanti posti di lavoro che si perderanno. Basti accennare alla crisi fortissima del comparto turistico e della ristorazione che in Calabria ha avuto sempre un peso notevole. E' quanto mai necessario un vero e proprio Piano Marshall per la Calabria, un vero e concreto intervento a sostegno delle famiglie con un reddito di solidarietà a fondo perduto in attesa di una auspicata ripresa dei consumi e di un ritorno alla normalità. Non basta il reddito di cittadinanza che, comunque, oggi si rivela essere alquanto utile per le famiglie che lo percepiscono. E' necessario fare molto di più. Aiutare i tanti piccoli artigiani, i tanti piccoli imprenditori di se stessi, le tante partite Iva ed i tanti precari che vedono sfumare i loro già esigui redditi. Urge una serie di interventi concreti e non le solite parole prive di fatti. Oggi più che mai. Anche per evitare la crescita del consenso sociale verso le mafie ed evitare la inevitabile crescita dell'usura e dell'illegalità che in momenti gravi come questi rappresentano un reale pericolo da non sottovalutare, per come ha più volte affermato il procuratore capo della Procura della Repubblica di Catanzaro, Dott. Nicola Gratteri.

Volkswagen Award 2020: la soddisfazione del Gruppo Chiappetta L’amministratore delegato: «Orgogliosi e felici di aver raggiunto un traguardo così prestigioso» Cosenza, venerdì 8 maggio 2020 – Un premio a livello nazionale per consolidare il ruolo di leadership tra i dealer d’auto dell’hinterland cosentino e non solo. Alla concessionaria del Gruppo Chiappetta di Rende, com’è stato reso noto da oggi, è infatti stato assegnato il prestigioso Volkswagen Award per l’anno 2020, come miglior concessionario italiano dell’importante marchio tedesco. A tal proposito abbiamo scambiato due battute con Egidio Chiappetta, l’Amministratore Delegato del Gruppo. Dott. Chiappetta, cosa si prova a raggiungere un traguardo così importante? «Devo dire la verità. Mi sento orgoglioso. Il premio ci ripaga dei tanti sacrifici che abbiamo fatto durante tutti questi anni. E’ un traguardo prestigioso per la nostra concessionaria che in questo modo diventa un punto di riferimento della Volkswagen anche a livello nazionale». C’è qualche dedica particolare che vuole fare per questo premio? «La dedica la faccio ai miei collaboratori. Alle persone che sono sempre al fianco mio e della mia famiglia in ogni ora del giorno. Che vi danno da sempre la loro disponibilità perché forse, il segreto di quest’azienda, è quello di essere una grande famiglia. Sentirci tutti parte di un progetto e provare a portarlo avanti sempre nel migliore dei modi». I progetti per il futuro del vostro gruppo quali sono? «Beh diciamo che di progetti ce ne sono sempre tanti in cantiere. Così come la voglia di evolverci ulteriormente. In questo momento particolare il nostro obiettivo principale è proprio questo: continuare percorrere questa strada per costruire insieme un futuro sempre più solido. Dobbiamo capire tutti quanti insieme che il premio ricevuto non dev’essere un punto d’arrivo, ma bensì un punto di partenza per provare a fare sempre meglio. Mettendoci a disposizione dei nostri tantissimi clienti che ogni anno ci scelgono»

Redazione

Editoriale del Direttore