Il mancato decollo imprenditoriale della Calabria ha origini antiche. Chi non ricorda nella Prima Repubblica il dibattito sulla "Questione Meridionale", chi non ricorda la creazione di enti quali lo "Svimez", o le grandi aziende a partecipazione statale che inondarono il Sud di miliardi ma che non determinarono alcun cambiamento. Chi non ricorda le grandi opere incompiute fra assurdi progetti di iniziative industriali mai decollate ed oggi cattedrali nel deserto arrugginite e devastanti sul piano ambientale. In realtà l'unica strada praticata è stata quella dell'assistenza per creare un livello di "consumi" utile alla parte forte del Paese. Con la complicità di una classe politica che sul bisogno e sulla gestione dell'assistenza ha costruito la sua fortuna politica. Ed ancora oggi, nel 2020, quella costruzione del modello assistenziale ha un suo peso preponderante. Basti pensare ad un solo dato di per se illuminante. Quello del numero di pensioni erogate. Numero complessivo che comprende pensioni di vecchiaia, di invalidità, di infortunio sul lavoro e così via. Ebbene su una popolazione residente di 1.965.000 calabresi e di "veri" abitanti di circa 1.750.000 considerando che almeno 200.000 calabresi vivono fuori dalla Calabria ma ne conservano per svariati motivi la residenza, le pensioni erogate sono 728.631, cioè il 40% della popolazione reale. Una percentuale altissima. La più alta d'Europa. A questo dato si aggiungono i 105.000 impiegati pubblici e i circa 65.000 percettori del reddito di cittadinanza. Escludendo i minori, con una popolazione maggiorenne di circa 1.400.000 abitanti quasi 1.000.000 percepisce redditi che nulla a che fare hanno con il sistema produttivo. Esattamente l'opposto di regioni come la Lombardia o il Veneto dove il sistema produttivo imprenditoriale è il 90% dell'intero tessuto economico. Un divario abissale, stratosferico, siderale, altro che la "Questione Meridionale", oramai defunta e dimenticata da tutti non essendovi più nei palazzi romani alcun autorevole personaggio politico che sia un vero meridionalista. Sul modello assistenziale si è formata la cultura del "compare", dell'amico degli amici, del politico quale dispensatore di "favori". Sul modello assistenziale si è basata ed è cresciuta la cultura dell'illegalità diffusa, della distruzione del merito, costringendo i migliori ad andarsene il terre dove la meritocrazia esiste, e costruendo una "società" propensa a idolatrare politici vampiri e distruttori e criminali che sono la parte complementare e necessaria di un "sistema" basato sul bisogno, sull'illegalità e sull'assistenza. Un "Sistema" che nessuna crisi economica, che nessun Covid-19 potrà mai modificare. Un "Sistema" collaudato e radicato nella cultura collettiva, nel modello di vita e nella società in ogni sua espressione. Crisi on non crisi, l'assistenza continuerà e nulla cambierà. Questa è la Calabria, la terra dell'immobilismo e dell'assistenza. La terra dove a pagare il prezzo più alto saranno e sono solo le nuove generazioni che, senza colpa alcuna, pagheranno le colpe delle generazioni precedenti che per ottenere la tanta agognata "assistenza" hanno consegnato la Calabria da un ceto politico famelico e predatore.