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In altri tempi non lontanissimi la notizia dell'avvenuto scioglimento dell'assise municipale di Rende avvenuta il 27 giugno scorso con l'approvazione nel Consiglio di Ministri con la conseguente nomina dei commissari avrebbe suscitato ampio clamore, dibattito, dichiarazioni e confronti.
 
Invece, a parte qualche trascurabile e timida dichiarazione di comodo e di facciata, l'accadimento è stato accompagnato dal più totale e assordante silenzio, soprattutto da parte della classe politica calabrese sempre più lontana e sideralmente distante dalla vita sociale ed economica della cittadinanza.
 
Eppure un territorio come quello di Rende non meritava tale silenzio.
 
Rende non è storicamente un territorio di mafia. E' invece un territorio moderno, un territorio abitato prevalentemente da un ceto medio - alto e benestante.
 
Un territorio che ha registrato dagli anni '70 sino ai primi anni del 2000 una vertiginosa crescita urbanistica con la costruzione di centinaia di fabbricati e con una popolazione giunta a circa 36.000 residenti.
 
Una cittadina limitrofa a Cosenza e nei fatti, inurbata con la città ma, soprattutto, luogo nel quale sorge la prestigiosa Università della Calabria nella quale negli anni '80 insegnava il Prof. Pino Arlacchi, noto studioso della criminalità a livello mondiale, ed operava il Centro di documentazione mafiosa e criminale afferente al dipartimento di sociologia all'interno dell'allora facoltà di Scienze Economiche e sociali. Impegno e periodo coperto da totale oblio e che nessuno pi rammenta.
 
Dagli studi e dalle proposte del Prof. Pino Arlacchi vennero edificate le basi per la nascita delle Procure Antimafia fortemente volute da Falcone e Borsellino.
 
Il Prof Pino Arlacchi e Giovanni Falcone
 
E nonostante tutto ciò si è comunque giunti ad un epilogo nefasto e vergognoso per tutti coloro i quali nutrono ancora affetto e sentimento per la comunità rendese.
 
Vi erano, quindi, tutte le premesse affinchè una decisione così drastica come quella di sciogliere l'assise comunale fosse foriera di interventi, dibattiti, discussioni e analisi anche nell'ottica di poter individuare una strategia mirata all rinascita sociale e culturale della cittadina.
 
Non vi è alcun dubbio che una mirata azione culturale non può che essere positiva.
 
E' appena il caso di ricordare le parole di Giovanni Falcone pronunciate dinanzi ai ragazzi della scuole di Palermo pochi giorni prima di essere immolato nella lotta alla mafia nella strage di Capaci. "La cultura per la legalità è lo strumento essenziale - affermava Giovanni Falcone - per sconfiggere un giorno le mafie e le forme criminali. Non si può pensare che il compito di lottare la criminalità possa essere delegato solo alle forme repressive".
 
Non si vuole entrare nel merito della decisione assunta dal Ministero degli Interni e sarà compito delle sedi giudiziarie individuare eventuali colpe che sranno tali sempre e solo i tre gradi di giudizio in perfetta linea con il sacrosanto garantismo che rappresenta elemento insostituibile di libertà e di turtela del cittadino.
 
Rimane il fatto che ad essere colpita è una comunità, un territorio che non può e non deve rimanere in silenzio.
 
Rimane il fatto che devono essere poste in essere azioni di ricostruzione del tessuto sociale e del dialogo fra i cittadini.
 
Le associazioni, i singoli cittadini devono agire e colmare il vuoto lasciato dall'assenza della politica e delle istituzioni.
 
Rende non merita il silenzio e non lo meritano i rendesi che sono nella stragrande maggioranza cittadini laboriosi che amano il proprio territorio e le proprie radici.
 
Redazione

Editoriale del Direttore