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Le manifestazioni di piazza contro la decisione del Governo di inserire la Regione Calabria nelle cosiddette regioni rosse alle quali imporre un lockdown più severo non si contano come non si contano neanche le dichiarazioni di guerra di numerosi esponenti politici, quasi tutti del centrodestra contro il Governo adombrando decisioni di natura politica e complotti di vario genere. In realtà la decisione è stata presa su una serie di parametri ben più complessi che i soli numeri dei contagi che comunque non vanno sottovalutati considerando il ritmo con il quale crescono. Basti accennare che oggi i nuovi positivi al Coronavirus sono 358. Ovviamente quelli accertati ma, in realtà, molti esperti del campo suggeriscono che tali cifra vanno almeno raddoppiate considerando la difficoltà dei tracciamenti e i ritardi nel praticare i tamponi ed avene poi i risultati. La decisione deriva da una serie di parametri, ben 21, fra i quali molto importanti sono le capacità organizzative di tracciare l'espansione del contagio e la capacità del sistema sanitario di fronteggiare l'eventuale aumento dei ricoverati per terapie intensive.  sul funzionamento del "sistema" sanitario siamo al disastro più assoluto. L'indice di trasmissione e la capacità sanitaria sono elementi determinanti e non possono essere sottovalutati. Sono elementi che contribuiscono in modo determinante a elaborare la "classificazione complessiva del rischio”. Ed il fattore rischio in Calabria è immensamente più alto che altrove proprio in considerazione dell'abissale differenza fra la sanità calabrese e quella delle altre regioni. Bastano cifre molto minori rispetto ad altre regioni per mandare in tilt l'offerta sanitaria. Ed in tal senso si è scatenato il putiferio più incredibile tipico della politica calabrese. Mai un "mea culpa". Di chi è la colpa di una sanità così disastrata, ovviamente del Governo, ovviamente del Commissariamento voluto a livello romano. Dimenticando colpevolmente che la sanità in Calabria è stata sempre la prateria dove orde fameliche al capo dei clan della politica hanno costruito le loro fortune economiche, politiche e clientelari. Si dimentica colpevolmente le Asp sciolte per infiltrazioni mafiose, gli omicidi legati al mondo della sanità come quello del compianto vicepresidente del consiglio regionale, l'On. Francesco Fortugno, ucciso nel 2005. Si dimenticano i tanti scandali che sin dagli anni '70 hanno caratterizzato una gestione della sanità basta solo sul rapporto fra politica e 'ndrangheta per gestire gli appalti, le assunzioni e tutto quel fiume di denaro pubblico che confluisce nella sanità. Incalcolabile il debito accumulato dalle Asp. Con la sanità sono nati i "nuovi ricchi" dell'imprenditoria privata sanitaria. Personaggi controversi spuntati dal nulla, molti con storie torbide alle spalle, che sono divenuti i nuovi "signorotti" della Calabria spesso soci occulti di tanti personaggi politici professionisti che in politica da decenni hanno saccheggiato e sbranato la Calabria con la complicità di tanti calabresi che continuano a votarli. Oggi tutto questo esce allo scoperto. Oggi tutto questo è il frutto di 50 anni di corruzione dilagante, di 'ndrangheta e di corruzione. Le due grandi forze che da sempre gestiscono la vita dei calabresi e della Calabria. Tutto quello che accade oggi era semplicemente inevitabile. Ed è triste osservare i tanti colpevoli del degrado del sistema sanitario si ergono a giudici e censori da falsi moralisti e da ipocriti in una terra dove la responsabilità non è mai personale ma sempre degli altri. Dove anche i politici che hanno assunto i loro figli nella sanità, che hanno costruito imperi con la sanità, oggi si ergono a moralisti contro il Governo e contro tutti e tutto. Questa è la Calabria dell'assurdo. Questa è la cultura dell'illegalità. Questa è la cultura mafiosa che regna sovrana.
Redazione

Editoriale del Direttore