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Il blitz consumato nelle prime ore dell'alba del 10 ottobre 1994, in seguito alle dichiarazioni dei primi pentiti, Roberto Pagano, ed i fratelli Dario e Nicola Notargiacomo, nel quale furono eseguiti la gran parte dei 116 ordini di cattura firmati dal pm Stefano Tocci e dal Procuratore distrettuale di Catanzaro, Mariano Lombardi, segna uno spartiacque ed un momento di svolta definitiva nei confronti di una criminalità cosentina che dal 1977 aveva spadroneggiato ed imperato con omicidi, rapine ed estorsioni. 


Una criminalità che aveva intessuto negli anni '80 solidissimi rapporti di connivenza con pezzi delle istituzioni, con esponenti della classe politica e che godeva di mille protezioni. 


Il blitz determina un vero e proprio terremoto ed avvia il maxiprocesso “Garden” che ebbe inizio, con la fase dibattimentale, nel febbraio del ’96, nell’aula bunker di Via degli Stadi, una struttura destinata ad essere un bocciodromo che venne poi allestita, attrezzata e trasformata per la sua nuova funzione. 

(nella foto di apertura la gabbia del Maxiprocesso Garden nell'Aula bunker)

Maxiprocesso che si concluderà definitivamente il 3 luglio 2000 con la sentenza della Corte di Cassazione. 

Sentenza che confermerà, nella sostanza, la sentenza della Corte di Assise di Appello di Catanzaro emessa il 13 marzo 1999. 

Franco Pino, il Boss dagli occhi di ghiaccio, protagonista assoluto della prima guerra di mafia, si era già pentito l’anno precedente all’avvio del “Garden” ma durante il lungo e complesso dibattimento si convertirono sulla strada del pentitismo molti dei 116 imputati. 

Il libro "La Città Oscura", il racconto del romanzo criminale bruzio, nella sua prima edizione del 2005 e la seconda edizione del 2010

 

Impressionante il numero di coloro i quali decisero di chiudere con il passato e di collaborare con lo Stato. 

Solo per citarne alcuni, in quel periodo si “pentirono” Franco Garofalo, i tre fratelli Francesco, Ferdinando e Giuseppe Vitelli, Aldo Acri, Francesco Tedesco, Angelo Santolla e Nicola Belmonte

Tutti personaggi di alto spessore ed attori protagonisti del romanzo criminale cittadino. 

E’ francamente difficile poter tracciare un quadro esaustivo e completo del fenomeno del pentitismo che nel romanzo criminale cittadino ha assunto dimensioni enormi e non paragonabili a qualsiasi altra storia criminale sia calabrese che di altre regioni italiane. 

Libro pubblicato a cura del giornalista Pino Nicotri nel 2020

La spiegazione possibile di natura sociologica di un fenomeno così dilagante è rintracciabile in una diversa genesi della criminalità cosentina rispetto a quella reggina o quella siciliana.

A Cosenza i clan sono nati da bande di quartiere composte da giovani scalmanati, di umili origini, che nella fine degli anni settanta, volevano, attraverso l’esercizio della violenza, scalare i gradini sociali e raggiungere quell’agiatezza e quel rispetto sempre agognato. 

Una criminalità, quindi, giovane e senza una radicata storia pregressa.

L'ex boss dal 1977 al 1995 di Cosenza, Franco Pino, protagonista indiscusso del romanzo criminale bruzio di quegli anni

Una criminalità non basata sulla famiglia e su rapporti generazionali come in provincia di Reggio Calabria.

A Cosenza si è trattato di un modello criminale più da "gangster" più simile alla genesi della Camorra che al modello 'ndranghetistico reggino o al modello mafioso siciliano.

Con l'avvio del processo “Garden” molti dei protagonisti di quegli anni di guerra criminale erano consapevoli che avrebbero trascorso il resto della loro vita dietro le sbarre.

E su tale consapevolezza hanno basato la loro scelta di divenire "collaboratori di Giustizia".

Per altri, invece, è stato necessario pentirsi perché già condannati a morte dai compari dello stesso clan. 

Per tutti solo un calcolo di convenienza, con indubbi vantaggi concessi dallo Stato attraverso una legislazione, quella del pentitismo, che a Cosenza suscitò grandi polemiche.

Come suscitò grandi polemiche anche il modello con il quale venne gestito il "pentitismo" cosentino.

Un fenomeno che a Cosenza ha avuto un forte proselitismo anche negli anni successivi al Processo Garden.

Infatti si calcola che i collaboratori di giustizia a Cosenza dal 1993 ad oggi siano circa 160. Una cifra considerevole che in rapporto agli abitanti dona a Cosenza il primato della Città con più pentiti d'Italia. 

Don Masino Buscetta, uno dei capi storici della mafia palermitana, quando iniziò a collaborare con il giudice Giovanni Falcone, delineando le basi per il maxiprocesso che si tenne nell’aula bunker dell’Ucciardone nella metà degli anni ‘80 e nel quale, per la prima volta, venne condannata all’ergastolo tutta la cupola siciliana, da Totò Riina a Bernardo Provenzano, disse che la mafia poteva essere sconfitta solo quando “nessuno poteva più fidarsi di nessuno”.

Cioè quando e solo quando verrà a mancare l’omertà, elemento determinante per ogni mafia.

In realtà la previsione di Don Masino Buscetta, il boss dei due mondi che lasciò la sua vita terrena il 2 aprile 2000, non si concretizzò, considerando che oggi le mafie sono più forti che mai, che il fenomeno del pentitismo ha subito nel tempo un forte ridimensionamento e che il tempo dell'antimafia sociale e civile è oramai definitivamente tramontato.

Soprattutto in questi ultimi anni dove la la lotta alle mafie non è più nell'agenda di Governo e per la quale non vi è più alcuna attenzione.

E dall'ondata di pentiti che caratterizzò il romanzo criminale bruzio nella metà degli anni '90 in molti si attendevano risvolti che potessero chiarire quel rapporto sempre occulto ed oscuro che il mondo della politica, del professionismo, dell'imprenditoria e delle Istituzioni cosentine ha mantenuto con i poteri criminali.

Il giudice Paolo Borsellino era solito affermare che “Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo del territorio: o si fanno la guerra o si mettono d'accordo”.

Ma dalle dichiarazioni dei pentiti sulla borghesia mafiosa non emerse alcunché. Probabilmente i pentiti erano credibili quando accusavano i loro pari ed erano non più credibili quando accusavano livelli più alti che sia allora che oggi hanno goduto e godono della più totale impunità.

Un fenomeno quello del pentitismo cosentino, tutto particolare nella perfetta linea di una città oscura diversa dalle altre.

Con la conclusione di quel romanzo criminale cosentino che dal 1977 al 1995 ha segnato la storia di tanti giovani, alcuni dei quali hanno pagato con la vita la loro scelta sbagliata.

Basti solo accennare che nel solo 1981 gli omicidi a Cosenza furono ben 19. 

Un romanzo che oggi continua con nuovi modelli e nuovi protagonisti e senza spargimento di sangue.

Oggi convivono tutti insieme e gestiscono gli affari che fruttano capitali ingentissimi.

Ve ne è per tutti e non vi è più alcun motivo di farsi la guerra.

Oggi è un Romanzo Criminale da "mafia imprenditrice".

Il controllo del territorio attraverso il controllo dell'economia.

Una realtà ben diversa dagli anni '80. Molto più evoluta e vincente.

Con la borghesia mafiosa cittadina sempre impunita.

Gianfranco Bonofiglio

 


Editoriale del Direttore