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Altro che "la Calabria che non ti aspetti", tanto per citare uno dei soliti spot elettotrali tanto caro al Governatore Roberto Occhiuto che decanta sviluppo e positività mentre i dati numerici puntualmente smentiscono i soliti spot ai quali non crede più nessuno e confermano come sempre, record nazionali, ovviamente nagativi.

 
E fra i tanti record negativi vi è anche quello della Regione in Italia con il più alto numero di pensioni erogate in confronto a chi ha un lavoro "regolare" e paga i contributi pensionistici.
 
In Calabria le pensioni erogate sono la strabiliante cifra di 755.000 su circa 1.500.000 "veri abitanti", praticamente la metà dell'intera popolazione calabrese, mentre chi lavora e paga i contributi per la propria pensione sono in 529.000, ben 226.000 in meno del numero di pensioni erogate.
 
In poche parole molto semplici per le quali non vi è necessità di scomodare soloni ed esperti di economia in Calabria si vive di pensioni.
 
I pensionati di oggi, quelli della generazione dei "boomer" nati nel boom economico del dopoguerra e figli di un "Sistema" caratterizzato delle assunzioni di massa della politica della Prima Repubblica o di leggi come la famosa "285" del 1977 che permise l'assunzione di oltre  50.000 impiegati pubblici senza concorso e per chiamata diretta dagli uffici di collocamento.
 
Figli del periodo del famoso e agognato "posto fisso". totem idolatrato della compianta Prima Repubblica democristiana e socialista.

La Calabria è la Regione che esprime il massimo differenziale fra pensionati e lavoratori ma in tutto il Mezzogiorno il fenomeno è presente.
 
Infatti nelle regioni del Sud e delle Isole le pensioni pagate ai cittadini sono 7. 209. 000, mentre gli addetti sono 6. 115. 000.
 
I dati emergono da una interessante ricerca della Cgia di Mestre.
 
Interessante anche la disgregazione del dato regionale suddiviso per provincia.

"Tra le cinque province calabresi, la differenza maggiore - si legge nella ricerca - prende forma a Reggio Calabria, quarta in Italia, con 225mila pensionati e 140mila occupati (-85mila).
 
Risalendo la classifica troviamo Cosenza (270mila contro 197mila), Catanzaro (137mila pensionati a fronte di 107mila occupati), Crotone (60mila a carico dell’Inps contro 40mila al lavoro) e, infine, Vibo Valentia la provincia dove il saldo negativo è minore (18mila, la differenza tra 64mila pensionati e 45mila occupati)".

Le cause di tale fenomeno sono individuate per la ricerca condotta dalaa Cgia di Mestre in tre fattori principali, sono " gli effetti provocati in questi ultimi decenni da tre fenomeni strettamente correlati fra di loro: la denatalità, l’invecchiamento della popolazione e la presenza dei lavoratori irregolari. La combinazione di questi fattori sta riducendo progressivamente il numero dei contribuenti attivi e, conseguentemente, ingrossando la fila dei percettori di welfare".
 
Nel conteggio non sono compresi i lavoratori in nero che almeno per la Cgia di Mestre si aggirano intorno ai 3.000.000. Lavoratori in nero che dovrebbero essere resi visibili con appositi provvedimenti legislativi.
 
Una popolazione sempre più anziana prima o poi determinerà l'implosione del sistema pensionistico che già oggi con oltre 22.000.000 di pensionati è al collasso e sarà sempre più alta anche la spesa sanitaria.
 
Il vero dramma è il Mezzogiorno per il quale si sono fatte negli ultimi 30 anni solo parole e false promesse. La questione meridionale è oramai dimenticata.
 
Chissà cosa accadrà quando passerà l'autonomia differenziata delle Regioni.
 
E chissà se i fondi del Pnrr in Calabria, alla fine, non avranno lo stesso destino del fiume di denaro versato dall'Europa dal 1983 ad oggi ( i famosi fondi Europei) con i quali si sono arricchiti 'ndrangheta, politici e prenditori bancarottieri.
 
Con tali premesse in futuro altro che "La Calabria che non ti aspetti".
 
Ci si può augurare che la massa di pensionati calabresi, ormai il vero sostegno delle famiglie calabre, possano vivere al più a lungo possibile per il bene dei loro figli e, soprattutto, dei loro nipoti che non hanno altro futuro che quello di studiare e andarsene altrove dove poter realizzare i ppropri sogni e dove i lavoratori sono ben più numerosi dei pensionati.
 
Redazione
 
 
 

Editoriale del Direttore