Nelle scorse settimane sono stati pescati nel Tirreno Cosentino e precisamente al largo delle spiagge di Fiumefreddo Bruzio alcuni tonni che presentavano delle visibili e marcate alterazioni alle lische.
Alcuni di questi tonni sono stati acquisiti dalla Capitaneria di Porto di Vibo Valentia e da una prima analisi sono risultati contaminati da policlorobifelini ed idrocarburi policiclici.
Ma in seguito a ulteriori analisi volute dalla Procura di Paola e svolte dall'Istituto zooprofilattico di Napoli si è potuto accertare che i pesci erano contaminati anche da Mercurio e Arsenico, sostanze tossiche radioattive e notoriamente cancerogene.
E' doveroso precisare che la Procura di Paola ha anche ribadito l'esigenza di procedere a nuova analisi per valutare se esistono pericoli per la salute dell'uomo e per valutare anche la quantità delle sostanze radioattive individuate.
Ma non è certamente la prima volta che nel pescato si trovano pesci che contengono sostanze radioattive.
Sin dai primi anni del 2000 si registrarono casi analoghi e sempre nel pescato del Tirreno cosentino.
Tutto ciò non può che riaprire la polemica sul caso, anzi sulla storia Oscura delle cosiddette "Navi dei Veleni" sulle quali è stato detto di tutto ma che sul piano ufficiale e giudiziario non è stato mai accertato nulla di nulla.
E' anche il caso di ricordare e menzionare quello che accadde nell'estate del 2002 quando la stazione di ricerca di altissimo livello scientifico, Anton Dohm, diretta dallo scienziato e noto biologo marino, Silvio Greco, monitorò ben 311 siti lungo la costa calabrese in mare e sulla terraferma nell'ambito del "progetto di ricerca finalizzato al miglioramento e mantenimento dell'ecosistema marino della Regione Calabria".
In tale monitoraggio sono stati rinvenuti "nature, e quantità e qualità, di contaminanti, che non sono di origine calabrese . Certe sostanze - ha affermato il professor Silvio Greco - qui non si usano perché certe cose qui non si producono, se troviamo traccia degli scarti di quelle sostanze evidentemente qualcuno ce le ha portate.
In alcune aree che non posso citare perché sono già interessate dalle attività della magistratura".
Tutto ciò è stato affermato in occasione del punto stampa tenuto il 21 ottobre 2022 sulla nave "Vittoria", presso il porto di Vibo Marina, per illustrare i risultati del monitoraggio eseguito sul mare e sugli impianti di depurazione.
All'incontro parteciparono, oltre al Governatore della Calabria, On. Roberto Occhiuto, anche l'allora procuratore Capo della Procura di Vibo Valentia, Dott. Camillo Falvo e l'allora Procuratore capo della Procura della Repubblica di Lamezia Terme, Dott. Salvatore Curcio.
Dalla conferenza stampa sono trascorsi oltre due anni ma di attività investigative in questo senso non si ha notizia alcuna.
Del resto in Calabria le indagini su eventuali traffici di rifiuti tossici non hanno mai avuto alcuna fortuna sin dai tempi dello spiaggiamento della famosa "Jolly Rosso" del 14 dicembre 1990 e da allora sono trascorsi ben 34 anni.
La Jolly Rosso spiaggiata sulla spiaggia di Formiciche, Amantea, il 14 dicembre 1990 durante i lavori di demolizione
Ma, inevitabilmente, l'aver individuato contaminanti non calabresi riporta alla vicenda delle "Navi dei Veleni" mai chiarita e da sempre avvolta in una sorta di nuvola del mistero o, per meglio dire, rimbalzata su "muri di gomma" tanto per utilizzare un termine molto in uso nelle indagini sulla strategia della Tensione degli anni '70.
Sulle "Navi dei veleni", si è scritto tantissimo, si è discusso molto ma non si è mai andati oltre a mere ipotesi.
Tanti i libri pubblicati, tante la dichiarazioni di più pentiti di 'ndrangheta, tante le azioni di indagini portate aventi da più procure ma mai nulla di fatto.
Il libro autobiografico del boss di 'ndrangheta, poi pentito, Francesco Fonti, nel quale racconta la sua versione sulle Navi dei Veleni
Inutile, anche in questo caso, confermare come le dichiarazioni del boss di San Luca, Francesco Fonti, attendibile per tante altre dichiarazioni, sulle "Navi dei Veleni" siano state dichiarate inattendibili e che siano naufragate nel nulla per come è accaduto in tutte le indagini avviate senza alcun esito.
Francesco Fonti pubblicò il suo libro autobiografico nell'ottobre 2009 ( Falco Editore) e cessò la sua esistenza nella località protetta dove viveva il 5 dicembre 2012 all'età di 60 anni sconfitto da un tumore.
Come avvolta nel mistero rimane la morte del Capitano Natale De Grazia.
Il capitano di vascello Natale De Grazia
Ma in merito al mistero delle navi dei veleni, dei contaminanti ritrovati in alcune aree della costa tirrenica e del pescato radioattivo, è il caso di ripubblicare un vecchio articolo pubblicato nel lontano dicembre 2007, dal titolo, "Le coste calabre e i pesci al mercurio", che oggi ritornano di attualità, scritto dal giornalista Gianfranco Bonofiglio che in tanti anni ha scritto centinaia di articoli, dossier e libri sul traffico dei rifiuti tossici.
Un grande affare non solo per la 'ndrangheta ma anche per quelle consorterie border line che, nel nome dello Stato sconfinando nell'illegalità, non hanno lesinato nel siglare patti segreti ed inconfessabili, talvolta anche a livello internazionale, tutelati come sempre dalla ragion di Stato.
Quella "ragion di Stato" che non ha consentito di individuare la verità fra i tanti misteri d'Italia e fra i tanti misteri irrisolti, che rimarranno tali per sempre, si può annoverare anche la storia delle "Navi dei Veleni".
( Ovviamente l'articolo che segue contiene riferimenti e persone che vanno attualizzate al periodo in cui venne pubblicato, cioè il 2007, ben 17 anni fa )
"Le Coste calabre e i pesci al mercurio"
Che la ‘ndrangheta Spa, la più grande holding italiana con interessi di miliardi di euro diffusi in ogni angolo del pianeta si interessasse anche di rifiuti tossici era ed è fatto notorio.
Ma che tale losco traffico nel quale si ritrovano esponenti di diverse lobby nazionali ed internazionali e che coinvolgono trafficanti di ogni genere potesse generare anche una nuova specie ittica supera anche la più prolifica delle fantasie.
Infatti negli scenari incantevoli delle coste tirreniche della Calabria è stato pescato il pesce al mercurio.
Sembra essere una barzelletta invece è tutto maledettamente vero.
Nei mesi scorsi un quantitativo considerevole di metalli pesanti è stato rinvenuto nel pescato proveniente dalle acque del Tirreno.
A condurre l’indagine in merito nei mesi scorsi è stata la Capitaneria di Porto di Cetraro e quella di Vibo Valentia con la collaborazione del dipartimento di prevenzione dell'Azienda sanitaria di Paola.
Indagine richiesta del sostituto procuratore di Paola, Francesco Greco, che continua ad indagare sul mistero delle navi – carretta che si presume siano state affondate negli anni ottanta e novanta stracolme di bidoni contenenti rifiuti tossici e che oggi siano adagiate nei fondali marini del Mediterraneo a circa 300 – 400 metri di profondità.
E dall'esame condotto sui pesci, soprattutto crostacei e molluschi, sembra che siano state rilevate presenze di cadmio, piombo e mercurio, in particolar modo in alcune specie pelagiche di notevoli dimensioni.
Dovrebbe essere in corso una secondo esame con una nuova campionatura di pesci per poter verificare con un certo margine di esattezza la dimensione del fenomeno.
Inutile dire quanto sia dannoso per la saluta umana l'inquinamento marino con sostanze chimiche pericolose, soprattutto se si dovesse ingerire del pesce contenenti tali sostanze. Dal rapporto su sostenibilità ed ambiente il 70 – 90% delle malattie riconducibili agli inquinanti tossici persistenti è da legare al consumo di prodotti contaminati.
E non sono solo le coste calabre ad essere probabilmente interessate ad un fenomeno così grave ma anche sulla terraferma si sono verificate situazioni allarmanti.
Basti accennare l’episodio, e su questo non vi sono probabilità di sorta , ma solo certezze relative al sotterramento di 35mila tonnellate di ferrite di zinco, qualificate come rifiuti speciali e provenienti dalla ex Pertusola Sud di Crotone e seppellite nel territorio di Cassano allo Ionio e Cerchiara di Calabria, due comuni di vasta estensione della Provincia di Cosenza.
Terreni contaminati dalla Ferrite di zinco nella sibaritide
Ed anche la ferrite di zinco si insinua nelle falde acquifere ed il vento ne solleva le particelle più leggere, determinando anche in questo caso danni ambientali rilevanti e rischi per la salute pubblica.
Sono ben undici anni che si attende la bonifica della zona.
Ma nei palazzi del potere Romano tutto ciò non interessa.
Come tutti sanno i voti ed il denaro non hanno odore. Da qualsiasi parte provengano sono sempre ben accetti.
Questa è la Calabria che è la metafora di un Paese oramai destinato ad un triste tramonto.
(Articolo pubblicato su: Democrazialegalita.it il 10 ottobre 2007)
Redazione