Nella storia della criminalità tante sono state le vittime innocenti uccise solo per caso e morte solo perché un triste destino li ha fatti essere nel posto sbagliato in un momento sbagliato. E così accadde anche per un giovane di 33 anni a Cosenza il lontano 23 luglio del 1981.
Passava per caso su Corso Plebiscito nel tardo pomeriggio di una giornata qualunque con la sua autovettura, una Fiat 128, il povero Salvatore Altomare ed un proiettile vagante di quelli sparati da sicari professionisti per uccidere Carletto Rotundo che era appena sceso dalla sua autovettura Alfetta blindata, personaggio di spicco della criminalità cosentina, nell'anno della guerra criminale al suo culmine, lo freddò all'istante.
I sicari agirono a volto scoperto, non erano cosentini ma napoletani.
In quegli anni di guerra di mafia spesso killer cosentini andavano a Napoli a compiere omicidi e killer napoletani scambiavano il favore eseguendo ordini di morte a Cosenza.
Era il 1981, l'anno nel quale si registrarono nella città di Cosenza ben 136 rapine e 19 omicidi.
Non vi era giorno in cui non si compivano reati praticamente dappertutto.
Erano gli anni in cui oltre 50 auto blindate sfrecciavano per le strade.
Erano gli anni in cui gli azionisti del gruppo Pino - Sena e gli azionisti del gruppo Perna - Pranno si cercavano e si scontravano per vincere una guerra che mieteva vittime su vittime.
Erano gli anni in cui nella Procura cosentina il reato di associazione mafiosa era ancora da definire ed erano gli anni in cui la Procura certamente non brillava per intransigenza e lotta alla criminalità.
Erano addirittura gli anni in cui molti politici sostenevano che la 'ndrangheta a Cosenza fosse solo una invenzione dei giornalisti per fare notizia.
Erano gli anni in cui nonostante i tanti morti ammazzati si negava anche l'evidenza in un contesto di corruzione generalizzata e di una radicatissima cultura dell'illegalità.
In tale contesto sociale si sosteneva che fossero solo delle bande di quartiere.
Invece era 'ndrangheta a tutti gli effetti, riconosciuta come locale di 'ndrangheta dai capi storici della ionica reggina, per come dichiarerà nel 1995 il boss dagli occhi di ghiaccio, Franco Pino, da collaboratore di giustizia che in quegli anni era protagonista assoluto nonostante il 1981 avesse solo 29 anni.
Franco Pino, ex boss di Cosenza, oggi collaboratore di giustizia
Il giovane Salvatore Altomare, originario di San Pietro in Guarano, si trovava a Cosenza in vacanza ed era in auto con al suo fianco la giovane moglie e i due figli piccoli. Doveva comprare un vestitino per la sua figlioletta.
Ben due i colpi che lo attinsero, uno al volto, l'altro sotto l'ascella. Il giovane Salvatore Altimari morì sul colpo.
Lavorava da custode in un museo di Venezia ed era emigrato al nord per vivere onestamente la sua vita.
In un recente libro scritto dal giornalista Pino Nicotri "Il boss dagli occhi di ghiaccio - Le confessioni di un grande capo della 'ndrangheta" Franco Pino nelle 250 pagine di racconto dettagliato di tutto il romanzo criminale bruzio dal 1977 al 1995 parla anche dell'agguato a Carletto Rotundo menzionando, senza fare il nome, il triste evento di un innocente morto solo per una terribile casualità.
Il libro scritto dal giornalista Pino Nicotri sulla vita criminale di Franco Pino, collaboratore di giustizia dal 1995
Ma nessuno in una città infame e senza memoria come la città dei bruzi ha mai ricordato la morte di un povero innocente.
Nessuno ha mai pensato di dedicargli una targa, una via, quando a tanti imbroglioni e a tanti corrotti, sopprattutto fra i rappresentanti delle Istituzioni, sono dedicate vie, piazze e vicoli.
Mentre altrove le vittime innocenti di mafia hanno avuto almeno l'onore di essere ricordati a Cosenza nessuno ha mai speso una parola per il giovane Salvatore Altomare.
Una città senza memoria pervasa da una dilagante e diffusissima cultura mafiosa, allora come oggi, con la differenza che allora si sparava e i gruppi erano in guerra per il predominio del territorio ed oggi, invece, non sparano più.
Oggi controllano il territorio nella pace assoluta e sono divenuti tutti imprenditori, tutti personaggi rispettabili, riveriti, osannati e protetti da una politica corrotta e da istituzioni silenti e spesso complici.
Del povero Salvatore Altomare nessuno si ricorda più.
Oggi avrebbe avuto 76 anni se quel maledetto giorno non si fosse trovato per pura sfortuna nella traiettoria dei tanti colpi di pistola dei due killer professionisti che si abbatterono su Carletto Rotundo per ucciderlo.
Due killer che nel processo di primo grado vennero condannati all'eragastolo ma nel processo di secondo grado vennero assolti per insufficienza di prove nonostante le dichiarazioni in merito all'agguato del boss Franco Pino passato poi nella schiera dei collaboratori di giustizia.
E Salvatore Altomare non fu l'unico che venne ucciso per puro caso in quegli anni terribili della prima guerra di mafia che scrisse il periodo più cruento del romanzo criminale bruzio.
Anni dei quali in pochissimi ne conservano memoria.
La memoria non ha mai avuto grande fortuna in una città come Cosenza sempre pronta a divinizzare i criminali e a disprezzare gli onesti e, soprattutto, ignorare le povere vittime innocenti.
Redazione