Sono finiti i tempi della ribellione alle mafie dopo la morte dei giudici Falcone e Borsellino. Come sono finiti i tempi dell'antimafia e dell'impegno per la diffusione e la crescita della cultura della legalità.
E i tanti episodi che si sono registrati nelle scuole confermano tali asserzioni.
Le scuole dovrebbero essere "agenzie educative" per eccellenza ma riflettono anche l'andamento complessivo della società, la forte crisi dell'istituzione famiglia e l'andamento generale che si caratterizza in un sempre maggiore ed esasperato individualismo e in un ritorno al mito del criminale vincente, impunito, agganciato al potere in grado di spendere e spandere e di arricchirsi in poco tempo.
Le scuole sono sempre più teatro di violenza, di alunni che aggrediscono docenti, di genitori di alunni che aggrediscono docenti e dirigenti, di assoluta mancanza di qualsiasi forma di rispetto verso la deprezzata, maltrattata ed emarginata categoria dei docenti che dovrebbero essere coloro ai quali, in teoria, è delegato il prezioso compito di formare le nuove generazioni.
Del resto i valori della legalità, della correttezza, dell'onestà, della cultura e dell'educazione ( termini ormai in disuso e assolutamente fuori moda), sono in crisi da tempo immemore e non solo nel mondo della scuola.
Del resto i valori della legalità, della correttezza, dell'onestà, della cultura e dell'educazione ( termini ormai in disuso e assolutamente fuori moda), sono in crisi da tempo immemore e non solo nel mondo della scuola.
Il successo strepitoso di film e fiction sullo stile di "Gomorra", il seguito di centinaia di migliaia di followers di "influencer" che alimentano quella cultura dell'apparenza, del lusso ostentato, delle simbologie camorristiche, i testi raccapriccianti di alcuni rapper che incitano alla violenza ostentata e all'uso spasmodico di droghe di qualsiasi genere e tipo sono tutti segnali inequivocabili di quella "cultura dell'illegalità" che ha ripreso vigore e che cresce giorno dopo giorno.
La vicenda registrata nei giorni scorsi dove in una scuola di Napoli al Vomero, nel mentre della proiezione del film di Marco Risi «Fortapàsc» sulla vita di Giancarlo Siani, giovane giornalista ucciso dalla Camorra a soli 26 anni il 23 settembre 1985, alcuni giovani studenti hanno applaudito alla scena nella quale veniva ucciso Giancarlo Siani ha lasciato interdetti.
La vicenda registrata nei giorni scorsi dove in una scuola di Napoli al Vomero, nel mentre della proiezione del film di Marco Risi «Fortapàsc» sulla vita di Giancarlo Siani, giovane giornalista ucciso dalla Camorra a soli 26 anni il 23 settembre 1985, alcuni giovani studenti hanno applaudito alla scena nella quale veniva ucciso Giancarlo Siani ha lasciato interdetti.
L'attore, Libero De Rienzo, che nel 2009 ha magistralmente interpretato il ruolo di Giancarlo Siani nel film "fortapàch" di Marco Risi
Il caso ha assunto immediatamente una valenza nazionale al punto tale che su quanto accaduto è intervenuto finanche Giuseppe Valditara, il Ministro dell'Istruzione nominato in tale veste dalla Lega di Matteo Salvini.
Ad intervenire anche Paolo Siani, fratello di Giancarlo, ex deputato, e presidente della Fondazione Siani.
Paolo Siani in merito alla vicenda ha scritto il seguente post sul suo profilo Facebook.
"Alla morte non si applaude, mai, per nessuno. Questo non va spiegato, dovrebbe far parte dell'animo umano.
Davanti alla morte si resta in silenzio, questo neppure va spiegato. Ma se invece accade, se alcuni ragazzi, pochi, molto giovani, di una scuola che si sta impegnando per far crescere in loro il senso della legalità e della giustizia, applaudono alla morte violenta e quindi scelgono di stare dalla parte di chi spara, c’è bisogno che noi tutti, ci si interroghi sul perché.
Adesso, subito, prima che sia troppo tardi".
Paolo Siani, inoltre,ha anche ribadito di voler organizzare un ulteriore incontro con gli studenti, al quale verrà invitato anche il Ministro Valditara.
Redazione