Negli ultimi anni con il blocco dell'ascensore sociale che non consente più a chi nasce in famiglie povere di divenire ricchi e con la progressiva scomparsa del ceto medio si è accentuato il divario fra la parte ricca della popolazione con quella parte sempre più numerosa di italiani che non riescono più a far quadrare i conti mese per mese. E la pandemia ha impresso una fortissima accelerazione a tale fenomeno. E tutto ciò si evince chiaramente dallo studio condotto dalla Oxfam Italia che ha analizzato il periodo intercorso fra il mese di marzo del 2002 ed il mese di novembre del 2021, quindi un periodo di ventuno mesi. Per la Oxfam "Il 5% più ricco degli italiani deteneva a fine 2020 una ricchezza superiore a quella dell’80% più povero. Nei 21 mesi intercorsi tra marzo 2020 e novembre 2021 il numero dei miliardari italiani della Lista Forbes è aumentato di 13 unità e il valore aggregato dei patrimoni dei super-ricchi è cresciuto del 56%, toccando quota 185 miliardi di euro alla fine dello scorso novembre. I 40 miliardari italiani più ricchi posseggono oggi l’equivalente della ricchezza netta del 30% degli italiani più poveri (18 milioni di persone adulte)". Un livello di disuguaglianza sociale oramai spaventoso ma sono finiti anche i tempi di quando la lotta alla disuguaglianza era anche patrimonio della politica e dei movimenti popolari. E' il tempo, invece, della forte crescita della povertà. "Oltre 1 milione di individui e 400.000 famiglie sono sprofondati nella povertà, sebbene su questo disastro sociale possa aver inciso maggiormente - a differenza della precedente recessione - il cambiamento pandemico delle abitudini di consumo rispetto alla perdita di potere d’acquisto, pur significativa, delle famiglie. Sono diversi i motivi, non rimossi dalla pandemia, che rendono oggi - afferma Elisa Bacciotti, responsabile Campagne di Oxfam Italia - il lavoro insufficiente a condurre una vita dignitosa per tante persone: l’espansione di lungo corso di occupazioni in settori a bassa produttività e con salari insufficienti, la prevalenza nel tessuto produttivo di piccole e micro imprese con propensione all’innovazione mediamente molto debole e sottoutilizzo del capitale umano, le strategie competitive delle imprese italiane basate sulla compressione del costo del lavoro, la deregulation contrattuale, la diffusione del part-time in prevalenza involontario”. Una società quella italiana sempre più povera con divari fra ricchi e poveri in forte crescita e senza nessun sommovimento sociale per cambiare.
Redazione