Mentre la nefasta classe politica è impegnata solo nei giochi relativi alla prossima elezione del Presidente della Repubblica e nell'evitare lo scioglimento anticipato delle camere considerando le centinaia di onorevoli "peones" che non ritorneranno più a sedersi sulle dorate e amatissime poltrone, il popolo italiano, per effetto della crisi economica dovuta alla pandemia, diviene sempre più povero.
E gli ultimi dati sono realmente preoccupanti. Da una recente ricerca condotta dal Centro Studi di Unimpresa sono circa 11 milioni gli italiani in evidente crisi economica e a rischio povertà. Mai si era giunti ad una cifra così alta. Fra i quasi 11 milioni si conteggiano i 4 milioni di italiani disoccupati e i circa 6,8 milioni di coloro i quali hanno un lavoro ma si trovano a lavorare in una condizione di forte instabilità e sfruttamento con redditi precari e deboli. Questo dato se confrontato con il 2015 registra un forte incremento con ben 1.6 milioni di italiani in più. Ai quattro milioni di disoccupati si aggiungono i contratti di lavoro tempo determinato e quelli part - time, i lavoratori autonomi part - time, i collaboratori a contratto e i contratti part - time a tempo indeterminato e si arriva a 10,8 milioni. "Nel pieno alla pandemia globale, il Covid - ha affermato Paolo Longobardi, presidente onorario di Unimpresa - ha messo in evidenza che, di fronte alle tragedie e ai disastri, si deve reagire sempre, da un lato cercando di non fermare mai l'attività d'impresa, perché il motore dell'economia è essenziale per la vita dei cittadini, dall'altro pensando sistematicamente alla solidarietà verso i più deboli. Impresa e solidarietà sono un binomio sul quale, sin dalle sue origini, Unimpresa ha fondato la sua ragion d'essere, consapevole che il profitto vada ricercato ed è certamente un elemento positivo, ma chi lo persegue ha l'obbligo di tutelare chi si trova in situazioni di disagio sociale. Questa amplissima fascia della nostra popolazione in difficoltà è destinata a crescere significativamente nel prossimo futuro. Del resto, gli strumenti varati negli ultimi anni con l'obiettivo dichiarato di ‘abolire la povertà’ si sono trasformati - com'era forse nella malcelata intenzione di chi li ha proposti - in formidabili strumenti di propaganda elettorale: sussidi pubblici che poi diventano moneta di scambio elettorale".