Header Blog Banner (2)

Quando per una vita intera si ascoltano sempre gli stessi annunci, le stesse parole, ma poi nei fatti tutto rimane immutabile ed il degrado avanza inesorabile è francamente difficile se non impossibile ritrovare la forza di nutrire una speranza di vero cambiamento. Questo accade a chi segue con attenzione l'evoluzione economico - sociale di questa terra da decenni e decenni. Ma la volontà di sperare e la naturale esigenza tutta umana di coltivare la speranza rimane sempre un fortissimo desiderio di vita anche se chi vive di speranza spesso muore disperato. E la Calabria è abituata a vivere di sola speranza mentre in realtà il processo di desertificazione morale, economico, sociale e finanche demografico continua senza sosta. Dal 1987 la Calabria è destinatari attraverso i tanti Pon che si sono succeduti nel tempo di ingenti fondi provenienti dalla Comunità Europea ma tali fondi non hanno cambiato mai nulla. Al massimo hanno fatto arricchire qualche famiglia di 'ndrangheta e qualche famiglia di politici professionisti. Del resto le famiglie di 'ndrangheta e le famiglie politiche che controllano il territorio hanno lo stesso comune obiettivo, mantenere i calabresi in un perenne stato di bisogno per controllarne il voto e la vita stessa. Esattamente il contrario dello scopo dei fondi comunitari che, teoricamente, avrebbero avuto il compito di far progredire la nostra terra. Averli affidati a chi persegue l'obiettivo opposto cioè la classe politica regionale e la burocrazia regionale, figlia della politica, ne hanno determinato il fallimento. Ma oggi i fondi del PNRR ( Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) saranno gestiti nello stesso modo e con la stessa logica dei Fondi Por oppure si assisterà ad un cambiamento? Ed è sulla risposta a questa domanda che si gioca l'ultima carta possibile per impedire che la Calabria possa avviarsi alla definitiva morte demografica e sociale. Basti accennare che su 1.600.000 abitanti "reali" in Calabria in 710.000 percepiscono una pensione, in 190.000 il reddito di cittadinanza e 110.000 sono impiegati pubblici. Con una struttura economico - sociale così fragile e così debole si riuscirà a far rimanere i nostri giovani in Calabria o si assisterà alla continua migrazione per come è avvenuto negli ultimi 25 anni con ben 300.000 giovani, in gran parte diplomati e laureati, che hanno, giustamente e per costruirsi un futuro, lasciato la Calabria? Ai posteri l'ardua sentenza. Anche se i prossimi anni saranno decisivi e se non arriveranno i tanti auspicati cambiamenti, anche la speranza sarà costretta ad arrendersi. Anche in Calabria dove vive un popolo che da decenni vive tenacemente e con  testardaggine, solo di speranza.
Gianfranco Bonofiglio

Editoriale del Direttore