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“La scarcerazione della giovane attivista iraniana, Maysoon Majidi , 28 anni, detenuta da 10 mesi, in Calabria, dal momento dello sbarco a Crotone, insieme ad altri migranti, alla fine dello scorso anno, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, disposto ieri dal Tribunale del Riesame di Catanzaro, è un atto di giustizia giusta e umana.

Rappresenta il primo, importante pronunciamento in attesa adesso dell’esito finale del processo in corso a Crotone, che appare oramai scontato, avendo i giudici dell’Appello di fatto assolto completamente la ragazza parlando di insussistenza di indizi di colpevolezza”.

E’ quanto afferma, in una nota, il leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, da sempre impegnato sul tema della giustizia e dei migranti e subito schieratosi, in questi mesi, a favore della liberazione di questa giovane attivista per i diritti delle donne iraniane, con una serie di accorati appelli su Fb, sulla stampa locale (anche su questa testata) e nazionale, dalle pagine del quotidiano  "La Verità" diretto da Maurizio Belpietro con il Condirettore Massimo Dè Manzoni.

Maurizio Belpietro, direttore del quotidiano "La Verità"

Massimo Dè Manzoni, Condirettore del quotidiano "La Verità"

L’ultimo, toccante appello pochi giorni fa nel corso del popolare programma "Diritti Civili", in onda ogni mercoledì e venerdì, alle 20,15, sulla tv privata calabrese RtcTelecalabria.

“Questa bella, importante notizia  non viene minimamente scalfita, né inficiata dalla continuazione di questo processo che si svolge al Tribunale di Crotone e il cui esito non potrà adesso che confermare la sentenza emessa dal Riesame di Catanzaro.  

Questa vicenda deve  comunque far riflettere per quanto è successo a questa donna, che è qualcosa di allucinante, doloroso e inaccettabile.

Lei in fuga dall’oppressione del regime iraniano, dopo un viaggio avventuroso e sofferto, arriva in Italia, insieme ad altri migranti, la fine dello scorso anno, e viene arrestata e tenuta 10 mesi in una cella, con l’accusa di essere un’aiutante degli scafisti.

Un’accusa che ha sempre respinto con forza, determinazione e dignità.

Il Tribunale del Riesame di Catanzaro ieri, dopo aver ascoltato tre testimoni, citati dalla difesa, le ha dato ragione. Avevamo ragione. Per mesi, dal maggio scorso, questo provvedimento, o quantomeno la concessione degli arresti domiciliari, lo abbiamo chiesto con forza, al pari del difensore della donna, l’avv. Giancarlo Liberati, e a quanti, non molti, si sono battuti per questa giusta causa giudiziaria e umanitaria.

Le domande a cui bisogna ora dare una risposta sono queste: perché, se mancavano i gravi indizi di colpevolezza, come ha stabilito il Tribunale penale di Catanzaro, è stata tenuta 10 mesi in carcere e le sono stati negati, per ben cinque volte, gli arresti domiciliari, finanche con l’utilizzo del braccialetto elettronico?

Perché non sono stati ascoltati e creduti i due testimoni iraniani e lo stesso comandante dell’imbarcazione che ieri l’hanno scagionata, ribadendo di fatto quanto avevano già sostenuto nei mesi scorsi, come più volte ho ricordato in ogni mio intervento sulla stampa?

In tv la settimana scorsa avevo posto questa domanda: e se fosse innocente, come ha sempre dignitosamente sostenuto sin dal primo istante, chi mai potrà risarcirla del dolore, delle pene, della sofferenza vissuti in questi lunghi mesi di prigionia, nella disperazione assoluta che l’ha portata a fare lo sciopero della fame, con seri rischi per la sua salute, e a scrivere anche al presidente della Repubblica?

Dopo la sentenza del Tribunale del Riesame, che l’ha scarcerata, e in attesa dell’esito finale del processo, con il doveroso rispetto come sempre nei confronti della magistratura e delle sentenze, la ripropongo questa domanda con la forte convinzione, per non dire certezza, dell’assoluta innocenza di questa giovane attivista iraniana”.

Redazione

 

 


Editoriale del Direttore