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Negli ultimi anni a Cosenza proliferano personaggi che inventando sigle di ogni genere o gestendo associazioni di qualsiasi tipo si autoincensano quali paladini dell'antimafia, paladini della lotta all'illegalità.
 
Un fenomeno ridicolo e patetico.
 
Quando mai a Cosenza chi ha praticato attività antimafia ha mai avuto ascolto, ha mai avuto credito.
 
Anche a livello istituzionale e allargando i confini a livello regionale basti pensare all'ipocrisia di sedicenti commissioni regionali per la lotta alla 'ndrangheta nella quale si è visto di tutto fra imbroglioni matricolati e soggetti con curriculum di truffe e reati di ogni genere.
 
In egual modo a Cosenza si celebrano momenti ed eventi per la legalità da parte di personaggi, alcuni dei quali oggi rivestono anche ruoli istituzionali, che sono citati nelle dichiarazioni di numerosi pentiti.
 
E fra questi il pentito più importante che vi è stato a Cosenza, il boss Franco Pino, che, pentitosi nel lontano 1995 è ancora rimpianto da molti per il ruolo che esercitava da capo indiscusso della 'ndrangheta cosentina e da mediatore con tutto quel mondo di collusi "istituzionali", fra professionisti affermati e blasonati rappresentanti di istituzioni che dovrebbero essere, in teoria, al di sopra di oni sospetto.
 
Ma questa era Cosenza negli anni '80 e questa è ncora la Cosenza di oggi.
 
Franco Pino nelle sue dichiarazioni da pentito affermò che "nella mia Boutique dei Fiori, arrivavano tutti a chiedermi favori, avvocati, primari, politici, importanti uomini delle istituzioni, personaggi delle forze dell'ordine ed io facevo del bene a tutti, mi ossequiavano, mi stimavano. Molti di questi oggi sono parlamentari, sono le alte sfere della città".
 
 
"Il boss dagli occhi di Ghiaccio" a cura di Pino Nicotri edito nel 2022
 
Franco Pino fece i nomi di tutti i personaggi della Cosenza - bene con i quali aveva rapporti consolidati ma venne ritenuto, ovviamente, su tale fronte completamente inattendibile. Nel perfetto stile de "La Città Oscura".
 
Ai tempi di Franco Pino si uccideva, si sparava per la strada. Oggi non si uccide più e la criminalità è molto più forte quando è silente, quando vive in accordo fra le parti che quando si combatte aspramente al proprio interno. Oggi è confederata fra i vari gruppi che sono impegnati solo nel aumentare il loro già smisurato potere economico.
 
Un tempo era una mafia in lotta perenne, oggi è una "mafia imprenditrice" che ha conquistato gran parte dell'economia cittadina e rappresenta un potere "forte e dominante".
 
Lo confermano le inchieste, lo confermano gli oltre 130 collaboratori di giustizia ( Cosenza detine il record nazionale per numero di collaboratori di giustizia ), lo afferma spesso anche il Procuratore capo della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, che per il suo impegno antimafia non ha mai riscosso grande fortuna e consenso nella città dei bruzi.
 
Chi scrive negli anni '80 propose la costituzione di una associazione giovanile contro la mafia, completamente ignorato.
 
Chi scrive negli anni '80, in piena guerra di mafia, scriveva della corruzione imperante nei palazzi di giustizia, del ruolo di alcuni avvocati border line che mediavano incontri fra criminali di grande livello.
 
Chi scrive ha riassunto tutta l'attività antimafia svolta in un libro pubblicato nel lontano 2005 che condensa ben 20 anni di impegno per la legalità, precisamente dal 1985 al 2005, quando i tanti sedicenti paladini dell'antimafia di oggi non avevano il coraggio di pronunciare una sola parola.
 
Ovviamente come tutti i folli controcorrente tale impegno costò al sottoscritto l'isolamento sociale e la diffamazione perpetua.
 
Personaggi politici importanti di quegli anni che godevano di immense platee adoranti di leccaculo e servi avviando la loro azione diffamatoria hanno colpito nel segno e chi, da solo nel deserto, parlava di impegno antimafia è stato massacrato socialmente.
 
Una morte sociale senza alcun necessità di una morte fisica per come, invece, è stato necessario in Sicilia con nove giornalisti uccisi dalla mafia o in Campania con la morte del giovane giornalista Giancarlo Siani, massacrato dalla Camorra.
 
Oggi si assiste ai paladini fasulli in una città da sempre oscura e da sempre dominata dalla cultura mafiosa, amicale e del "compare del mio compare" che è alla base della fortuna politica di famiglie politico - mafiose ed è alla base del voto di scambio, il vero modello sociale d'unione concreta fra politica e mafia che caratterizza, ben al di là delle parate di facciata e delle ricorrenze ipocrite e farlocche, la società di allora ed ancora, nonostante tanti decenni trascorsi, la società dell'oggi.
 
Di una città che un tempo, oramai ppartenente solo al passato, era conosciuta come "L'Atene della Calabria".
 
Redazione

Editoriale del Direttore