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In questi anni, abbiamo sentito e notato visibilmente, come la nostra sia una terra di partenza per molte persone. Fin dagli anni '50, non solo giovani, ma anche intere famiglie decidevano di partire con la famosa "valigia di cartone" per andare incontro alla fortuna, e magari riuscire nella speranza di trovare un lavoro altrove, lontano dagli affetti più cari e dalla propria città.
In ogni famiglia meridionale c'è uno zio d'America e questo lo si deve principalmente ad una mala politica che governa ancora le nostre città indisturbata. L'emigrazione è un tema che sussiste ancora oggi, nell'epoca del lavoro agile e strettamente legato all'ambito tecnologico, e continua ad essere una piaga per l'intero meridione.

Ma c'è anche chi arriva, si tratta di persone disposte ad attraversare confini e pericoli pur di avere la parvenza di un futuro migliore.C'è chi fugge dalla povertà, chi dalla guerra, chi per dare un futuro migliore ai propri figli, e chi fugge per avere dei diritti primari che ogni paese dovrebbe garantire, come la libertà, la giustizia e l'uguaglianza.

Se proviamo a trovare sul vocabolario il significato della parola "Integrazione", ecco che troveremo scritto: "Inserimento dell'individuo all'interno della collettività", e ciò si traduce in arricchimento culturale e non solo, poiché sconfina nell'estrema sensibilità dell'uomo, inteso da Socrate come animale sociale.

Ecco perché, proveremo a varcare i confini, scoprendo la storia di chi ha deciso di andare in contro al proprio destino, pur sacrificando gli affetti più cari, ma portandoli sempre nel cuore. La prima protagonista del nostro viaggio, si chiama Anastasia, nata a Cosenza da genitori ucraini, frequenta l'ultimo anno presso il liceo classico Telesio, una vera e propria istituzione nella città dei Bruzi.

Ella ci racconta, in maniera  chiara e disponibile, di essere molto vicina alla cultura italiana, in particolare alla musica ed al cinema, e confessa di amare il mondo classico. Adora il suo paese, l'Italia, ma è strettamente legata anche alla sua terra d'origine, in particolare alla capitale, Kiev dove abitano i  parenti più stretti e gli amici.

Le chiediamo poi, di raccontarci alcuni ricordi che ha dell'Ucraina, e ci parla dei bellissimi fiori di papavero che sbocciano in primavera, e dei chilometrici campi di girasoli, che osserva ogni volta quando durante le festività decide di partire insieme alla sua famiglia.

Molte sono le città che ha visitato, oltre alla capitale Kiev, è stata ad Odessa, in Crimea prima dell'invasione russa nel 2014, e ripensa alla bellezza distrutta da una guerra che ormai da mesi ha messo in ginocchio il paese dei genitori.

Il suo racconto diventa più torbido, consapevole che la guerra continuerà a portare distruzione, non solo materiale, ma anche nel cuore di ogni ucraino lontano, e prevale quindi un forte sentimento d'impotenza, e di preoccupazione per gli affetti più cari sotto le bombe.

Prima di salutarci, ci mostra una poesia, che confessa di leggere spesso, dopo lo scoppio del conflitto. S'intitola "La luna di Kiev", nella speranza che la guerra possa terminare al più presto, e che la luna della capitale ucraina possa ritornare ad essere libera come quella di Roma.

Quella di Anastasia è una delle tante storie che abbiamo ascoltato, e che rappresentano la parola integrazione a 360 gradi.

Il simbolo di questa parola così importante, è sicuramente l'Università della Calabria, fiore all'occhiello dal punto di vista didattico e non solo. Infatti, l'ateneo calabrese non è solo il campus più grande d'Italia, ma anche il più green d'Europa.

Notizia fresca di stampa è anche l'inserimento, di alcuni dipartimenti dell'Unical, nell'elenco dei primi 350 in Italia.

Ma l'università è anche un contenitore di storie, amicizie, culture e tradizioni che vanno a fondersi.

In lontananza, vediamo arrivare direttamente dai cubi d'ingegneria, Rosa, studentessa cubana che da sei mesi vive in Italia ed ha scelto la Calabria come meta per l'Erasmus.

Timidamente, ci parla della sua esperienza, dicendoci che non è stato così difficile ambientarsi, grazie alla disponibilità e alla gentilezza delle persone che ha incontrato in questi mesi.

Ella ama la lingua italiana ed è una grande appassionata d'opera lirica, mentre dell'America latina le mancano soprattutto il reggaeton ed il mare cristallino.Poi con lo sguardo basso ma ironico, dice di non amare la pizza, ma crede invece, che in Calabria si gusti il gelato migliore al mondo.

Parla poi della sua famiglia e della nostalgia per il suo paese, Cuba, negli anni martoriato da una forte povertà a tal punto da costringere i suoi abitanti a vivere nella miseria, pur essendo una famosa meta turistica per gli americani e non solo.

Al termine della nostra chiacchierata, ci confessa il desiderio di rimanere a lungo in Calabria, in particolare a Rende, una città che la accolta affettuosamente.

Un'altra parola fondamentale è "Opportunità", che legata alla parola "Integrazione", ha un significato più potente e duraturo.

Per Denisa, studentessa di statistica per l'azienda, l'Unical e la Calabria rappresentano proprio questo.

La incontriamo casualmente in un noto bar dell'ateneo, e ci invita a bere un caffè insieme.

Denisa ha origini romene, e si è trasferita insieme alla sua famiglia a San Vincenzo la Costa dalla città diOnești, nel nord- est della Romania, all'età di soli tre anni.

Mentre ci parla gesticola molto, sembra una persona razionale e decisa, ma a tratti anche introversa e pensierosa.

Ci dice che gli anni più difficili sono stati quelli delle scuole elementari e medie, poiché veniva spesso derisa dai suoi compagni di classe e anche dai suoi docenti.

Un comportamento ostile, e spregevole, nei confronti di una ragazzina, ormai diventata donna.

Le chiediamo se le manca molto la sua città natale, e lei annuisce spiegandoci che a mancarle sono soprattutto gli affetti, in particolare sua nonna, alla quale dev'essere molto legata.

Della cucina dell'est, adora gli involtini con carne e spezie, ma allo stesso tempo anche le zuppe, e confessa di non amare particolarmente alcune tradizioni, come quella di spezzare il pane sulla testa della sposa (si tratta di un gesto scaramantico) durante il cerimoniale del matrimonio.

L'Europa, secondo Denisa, è un'occasione che non può essere sprecata, un passo in avanti verso quella libertà che il comunismo di Ceașescu non ha mai garantito.

Siamo tutti cittadini europei, anche se la maggior parte di noi spesso lo dimentica, alzando muri anche solo metaforici, che non danno la possibilità di apprezzare la bellezza della diversità, intesa come rafforzamento culturale e umano.

All'università, dice di aver trovato un ambiente molto bello, dove ha avuto la possibilità di legare con diverse persone anche di altre facoltà. Qui non si sente giudicata, o esclusa, racconta di aver la sensazione di stare in una bolla di sapone, dove la realtà sembra essere diversa dal contesto stesso della città.

Il suo sogno è quello di lavorare nell'ambito finanziario, vorrebbe occuparsi di azioni, e chissà fra qualche anno magari la ritroveremo a Milano, o addirittura a Wall Street.

Ci saluta sorridendo, in aula le aspetta un'altra lezione.
 
Maria Chiara Monaco

Editoriale del Direttore