Se mancano preziose risorse finanziarie per la sanità (-37 miliardi negli ultimi 10 anni), per la scuola (Italia ultima in Europa) e la cultura (penultima), i trasporti (- 9 miliardi negli ultimi 10 anni), i disabili (molto al di sotto della media europea). ecc. ecc. il nostro apparato militare vanta un aumento delle disponibilità che negli anni è stato del 6,5% in più passando dai 2006 al 2020 dai 19 ai 26 miliardi di euro (annue). Ed in un prossimo futuro dai 26 miliardi si passerà ai 38 miliardi, il 2% del Pil nazionale.
L’Italia è tra le prime dieci nazioni al mondo per esportazioni di armamenti che riguardano per primi gli elicotteri da guerra, seguiti da bombe, cannoni, siluri, razzi, missili e accessori, aerei, navi, sottomarini, ed è al primo posto per le armi leggere. Molte le aziende italiane, le più grandi a partecipazione statale, nella produzione ed esportazione di armamenti: Leonardo ex Finmeccanica, (che ha inglobato: AgustaWestland, Oto Melara, Wass, Mbda, Selex), Fincantieri, Beretta, tra le più importanti. Anche le banche sono presenti (UniCredit, Intesa, Deutsche Bank, Bnp Paribas tra molte altre) sia nel finanziamento delle aziende produttrici che nel commercio. E poi ci sono le mine antiuomo, articolo dell’eccellenza made in Italy, responsabili di stragi tra la popolazione civile nei teatri di guerra. Vittime principali i bambini.
Le armi che l’Italia produce e vende nel mondo, sono destinate principalmente alle monarchie assolute dei paesi islamici della penisola arabica. Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Qatar, Kuwait, Oman e del sud del Mediterraneo: Egitto, Algeria, Israele, Marocco. La Turchia ha un posto importante sia come acquirente diretto che per la triangolazione con altri stati. Tutti paesi con regimi autoritari, dove i diritti umani sono abbondantemente violati. (Si pensi tra i tanti, all’Egitto e alla morte per tortura del nostro Giulio Regeni o di moltissimi oppositori politici).
Quando è lo Stato a produrre e vendere armi viene da pensare che le relazioni diplomatiche tra gli stati e gli affari reciproci contino più delle vite umane. È il caso del recente accordo proprio tra Italia ed Egitto per quella che rappresenta la più grande commessa di armi per il nostro paese dopo la Seconda guerra mondiale. All’inizio il contratto di acquisto indicava due navi da guerra oltre a velivoli di addestramento e combattimento leggero, poi la commessa ha incluso aerei, missili e navi. Valore complessivo 10 miliardi di euro.
Dalla fine della seconda guerra mondiale si stima siano morte almeno 20 milioni (più della Prima guerra mondiale) di persone nelle continue guerre, dichiarate o meno, che vi sono state; è la terza guerra mondiale che si combatte a pezzetti, come dice Papa Francesco.
Nonostante l’emergenza sanitaria dichiarata dal governo Conte 2 prima e Draghi oggi, dall’inizio del 2020 nessuna restrizione è stata imposta alle “attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa”, perché “si è riconosciuta l’apicale importanza per il Paese delle imprese operanti in questi settori la cui attività produttiva, anche in un momento altamente critico, come quello che si sta affrontando, si è deciso di tutelare appieno”.
Infatti è andata e va avanti la produzione di mitragliatori, bombe e dei cacciabombardieri F35.
In Italia le attività connesse con gli armamenti occupano, direttamente ed indirettamente circa 150 mila addetti per cui, in una situazione ideale, bisognerebbe operare una riconversione delle fabbriche.
Ma al contrario, chi ha perso sta perdendo o perderà il lavoro in questi tempi bui, potrebbe forse trovarne uno nel settore dell’industria per la produzione di guerre.
L’Art. 11 della Costituzione Italiana: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni…”
Fonti: Banche Armate, Rete Disarmo, Osservatorio Diritti, OPAL
Collettivo TERRA!
L’Italia è tra le prime dieci nazioni al mondo per esportazioni di armamenti che riguardano per primi gli elicotteri da guerra, seguiti da bombe, cannoni, siluri, razzi, missili e accessori, aerei, navi, sottomarini, ed è al primo posto per le armi leggere. Molte le aziende italiane, le più grandi a partecipazione statale, nella produzione ed esportazione di armamenti: Leonardo ex Finmeccanica, (che ha inglobato: AgustaWestland, Oto Melara, Wass, Mbda, Selex), Fincantieri, Beretta, tra le più importanti. Anche le banche sono presenti (UniCredit, Intesa, Deutsche Bank, Bnp Paribas tra molte altre) sia nel finanziamento delle aziende produttrici che nel commercio. E poi ci sono le mine antiuomo, articolo dell’eccellenza made in Italy, responsabili di stragi tra la popolazione civile nei teatri di guerra. Vittime principali i bambini.
Le armi che l’Italia produce e vende nel mondo, sono destinate principalmente alle monarchie assolute dei paesi islamici della penisola arabica. Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Qatar, Kuwait, Oman e del sud del Mediterraneo: Egitto, Algeria, Israele, Marocco. La Turchia ha un posto importante sia come acquirente diretto che per la triangolazione con altri stati. Tutti paesi con regimi autoritari, dove i diritti umani sono abbondantemente violati. (Si pensi tra i tanti, all’Egitto e alla morte per tortura del nostro Giulio Regeni o di moltissimi oppositori politici).
Quando è lo Stato a produrre e vendere armi viene da pensare che le relazioni diplomatiche tra gli stati e gli affari reciproci contino più delle vite umane. È il caso del recente accordo proprio tra Italia ed Egitto per quella che rappresenta la più grande commessa di armi per il nostro paese dopo la Seconda guerra mondiale. All’inizio il contratto di acquisto indicava due navi da guerra oltre a velivoli di addestramento e combattimento leggero, poi la commessa ha incluso aerei, missili e navi. Valore complessivo 10 miliardi di euro.
Dalla fine della seconda guerra mondiale si stima siano morte almeno 20 milioni (più della Prima guerra mondiale) di persone nelle continue guerre, dichiarate o meno, che vi sono state; è la terza guerra mondiale che si combatte a pezzetti, come dice Papa Francesco.
Nonostante l’emergenza sanitaria dichiarata dal governo Conte 2 prima e Draghi oggi, dall’inizio del 2020 nessuna restrizione è stata imposta alle “attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa”, perché “si è riconosciuta l’apicale importanza per il Paese delle imprese operanti in questi settori la cui attività produttiva, anche in un momento altamente critico, come quello che si sta affrontando, si è deciso di tutelare appieno”.
Infatti è andata e va avanti la produzione di mitragliatori, bombe e dei cacciabombardieri F35.
In Italia le attività connesse con gli armamenti occupano, direttamente ed indirettamente circa 150 mila addetti per cui, in una situazione ideale, bisognerebbe operare una riconversione delle fabbriche.
Ma al contrario, chi ha perso sta perdendo o perderà il lavoro in questi tempi bui, potrebbe forse trovarne uno nel settore dell’industria per la produzione di guerre.
L’Art. 11 della Costituzione Italiana: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni…”
Fonti: Banche Armate, Rete Disarmo, Osservatorio Diritti, OPAL
Collettivo TERRA!
Fonte: articolo pubblicato da "dentroefuori.it"