Header Blog Banner (2)

Che il fenomeno criminale abbia subito negli anni forti trasformazioni non vi sono più dubbi e le tante sentenze di terzo grado passate in giudicato ne sono la palese dimostrazione.

Le mafie non uccidono più, non compiono più gesti plateali, si sono inabissate e, nel frattempo, hanno conquistato spazi sempre più ampi nella gestione vera del potere. Sia nell'ambito della gestione della cosa pubblica attraverso loro uomini eletti nelle istituzioni e sia negli apparati produttivi dove l'immensa disponibilità di denaro proveniente soprattutto dal controllo del mercato delle droghe ha consentito ad imprenditori in odor di mafia di conquistare spazi sempre più vasti dell'intera economia nazionale. Del resto la "Mafia imprenditrice" quale nuova protagonista dell'economia era stata già prevista in un libro storico sull'analisi delle mafie e della loro evoluzione già nel lontanissimo 1983. Testo scritto dal prof. Pino Arlacchi e pubblicato dalla casa editrice "Il Mulino". A comprovare ulteriormente tale evoluzione del complesso fenomeno mafioso le relazioni elaborate dalla Commissione Parlamentare Antimafia sull'esito delle sedute della stessa a Catanzaro, Vibo Valentia, Cosenza, Crotone e Reggio Calabria tenutesi negli anni 2020 e 2021. "Le analisi e le indagini nonché gli accertamenti giudiziari condotti sulla ‘ndrangheta, ne delineano - si legge nella relazione della Commissione Parlamentare Antimafia - una sempre più viva e vitale vocazione affaristica, una imponente abilità espansiva, anche su scala internazionale, una capacità di infiltrazione e una forza corruttiva, che l’hanno trasformata in una dinamica e spregiudicata holding economico finanziaria. Le enormi disponibilità finanziarie derivanti dagli illeciti traffici necessitano di reimpiego e investimento: la ‘ndrangheta ha dimostrato di sapersi evolvere e fare impresa, presentandosi come “mafia innovatrice”  capace di modificare le regole basilari della tradizione criminale per affrontare le sfide del futuro, dotandosi finanche di una sovrastruttura occulta e riservata, formata da una componente elitaria che assicura all’organizzazione l’attuazione dei programmi criminosi, anche negli ambiti strategici della politica, dell’economia e delle istituzioni". Nella relazione si sottolinea l'utilizzo del diffusissimo fenomeno della corruzione quale strumento per consentire "l’infiltrazione nei gangli della Pubblica Amministrazione e della società civile, la cui azione è in tal modo sviata e piegata in modo funzionale agli interessi della ʹndrangheta; alcune indagini hanno rivelato addirittura la gestione “diretta” della cosa pubblica da parte delle cosche, tramite funzionari apicali, consiglieri comunali, assessori e sindaci, da ritenersi veri e propri affiliati". Altra importante sottolineatura l'invasione dei capitali sporchi nell'economia, agevolata soprattutto dal periodo di crisi che si vive da tempo. "Anche l’infiltrazione nell’economia - si legge nella relazione - è attuata tramite imprese intranee o colluse, spesso unite in “cartello”, oltre che tramite professionisti di elevata esperienza e capacità tecnica, che la affiancano con condotte di supporto e agevolazione. Tale pervasiva sinergia consente allʹorganizzazione di individuare forme e modalità sempre nuove di investimento e di riciclaggio degli illeciti profitti, attraverso articolate e sofisticate “schermature” attuate al fine di non incorrere in provvedimenti ablativi. I diversi clan sono così divenuti attori di riferimento in numerosi settori dell’economia legale che, conseguentemente, ne risulta fortemente inquinata". Un quadro devastante che si accoppia all'insufficiente risposta dello Stato, alle normative non sempre idonee e soprattutto sul piano della guerra all'economia illegale e alla cronica mancanza di personale nei Tribunali e nelle Procure. In tale quadro continua quasi indisturbata l'azione di penetrazione dell'economia illegale in quella legale rendendone sempre più labile i confini. Un quadro complessivo che continua ad essere sottovalutato e che si accompagna anche ad un crollo dell'attenzione popolare sul problema della criminalità e sull'evidente crisi del fronte dell'antimafia. La lotta alle mafie non è più nell'agenda governativa e non è più nell'interesse collettivo. Tutte condizioni che favoriscono la crescita del potere mafioso attraverso il controllo sempre più capillare dell'apparato economico e del mondo della politica.

Redazione

Editoriale del Direttore