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Barbara Piattelli è stata una delle vittime della stagione dei sequestri che dal lontano 1973 al 1997 fruttò circa 800 miliardi di vecchie lire per un totale di ben 694 sequestri di persona ( 564 uomini e 130 donne) quasi tutti ad opera delle potenti 'ndrine che controllavano il territorio dell'Aspromonte dove spesso venivano tenuto gli ostaggi per periodi anche lunghissimi.

Ed il sequestro di Barbara Piattelli durò ben 343 giorni, quasi un intero anno. E la stessa Barbara Piattelli a distanza di oltre 40 anni ha deciso di raccontare la sua storia con un docufilm "343 giorni all'inferno" e ha anche deciso di inoltrare una richiesta al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affinché gli venga riconosciuto lo status di "vittima di mafia". Il docufilm di Raiplay "343 giorni all'inferno" nell'ambito dell serie "Racconti Criminali", ideato e scritto da Vania Colasanti e diretto da Letizia Rossi, ripercorre con un salto all'indietro di ben 41 anni, le fasi del sequestro. "Spero che prima di lasciare il Quirinale il Presidente Mattarella accolga il mio appello, aiutandomi. Solo il Presidente della Repubblica può fare qualcosa - ha dichiarato Barbara Piattelli all'AGI  -  dopo che la Prefettura ha rigettato la mia richiesta, per decorrenza dei tempi e anche, perché, hanno scritto, non ho avuto ferite evidenti, un orecchio tagliato o qualcosa di simile. Come se quelle del cuore e dell'anima non contassero". Barbara Piattelli era una bellissima ragazza di soli 27 anni quando venne rapita nel 1980 ( anno contraddistinto da numerosi sequestri di persona) a Roma, figlia di un noto imprenditore del mondo della moda, Bruno Piattelli, che si indebitò per poter consegnare ai rapitori ben quasi due miliardi di lire. Infatti l'azienda non riprese più, anche a livello economico, il fulgore di prima. Bruno Piattelli è scomparso nell'agosto scorso e non ha potuto neanche vedere il docufilm. Nello stesso si ascoltano anche le telefonate dei sequestratori che non sono stati mai individuati anche grazie alle tante coperture istituzionali e dei servizi segreti. Erano gli anni '80 e la criminalità calabrese godeva di protezioni della parte corrotta dello Stato. Protezioni delle quali si intravedono gli scenari dopo 40 anni nel processo "ndrangheta stragista", dove alcuni pentiti hanno sostenuto che i proventi dei sequestri foraggiavano anche strutture parallele dello Stato come i Servizi segreti deviati e "Gladio", una organizzazione segreta voluta dalla Cia. Erano gli anni in cui si assumevano nella forestale, che dipendeva dall'Ente Regione Calabria, elementi di 'ndrangheta che collaboravano ai sequestri. Erano gli anni in cui nessuno voleva combattere davvero al 'ndrangheta che spesso era anche al servizio dello Stato deviato come nel caso del rapimento Moro.

 Docufilm di Raiplay "343 giorni all'inferno"

 

Nel docufilm si registrano anche i contributi di Nicola Gratteri, Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Catanzaro, e Michele Giuttari, che prima di dirigere la Squadra Mobile di Firenze è stato a capo di quella di Cosenza. Oggi Barbara Piattelli ha 69 anni ed è affetta da artrite reumatoide e le 343 interminabili giornate trascorse in condizioni disumane sull'Aspromonte ne sono certamente responsabili. Legata con delle catene dopo un fallito tentativo di fuga fra i monti in una gelida grotta dell'Aspromonte senza un libro o un giornale da leggere, senza nulla di nulla, in condizioni terribili. Venne liberata dopo il pagamento del riscatto il 17 dicembre 1980 nei boschi e dopo ore ed ore di cammino venne ritrovata, terrorizzata ed in precarie condizioni fisiche, da una coppia di automobilisti su una strada statale che conduceva a Catanzaro e quindi molto lontano dalla grotta dove era stata prigioniera dei suoi carcerieri. Barbara Piattelli venne ascoltata una sola volta dagli inquirenti che, in quel periodo, non si distinguevano per chissà quale grande impegno nel fronteggiare il fenomeno dell'Anonima Sequestri, mentre era noto a tutti quali fossero le storiche famiglie di 'ndrangheta che controllavano palmo per palmo il loro regno, l'Aspromonte. Eppure l'orrendo fenomeno dei sequestri di persona, durato circa 25 anni, ha lasciato fra coloro che sono riusciti a ritornare nelle proprie case, essendo stati in molti e precisamente in 80 quelli uccisi nonostante l'avvenuto pagamento del riscatto e dei quali non si è mai più ritrovato neanche il corpo, segni indelebili e cicatrici profonde. E le casate di 'ndrangheta che hanno gestito i sequestri e che poi dai sequestri sono passati investendo gli enormi proventi accumulati con i rapimenti di persona, al controllo internazionale del mercato della droga, sono oggi potentissimi e gestiscono centinaia di milioni di euro l'anno. Barbara Piattelli ha avuto il coraggio, dopo tanti anni, di liberarsi del macigno che portava dentro e di parlare pubblicamente del calvario che aveva vissuto nel pieno della sua gioventù e della sua spensieratezza. Ancora oggi, a 69 anni, porta con se stessa delle comprensibili paure, quella di partire e distaccarsi da casa, quella per le montagne, quella del freddo". Paure che aprono una ferita durata 343 giorni inferta da esseri mostruosi, da belve disumane che un Paese corrotto e colluso sino al midollo non ha mai voluto realmente combattere e debellare preferendo spesso e sovente accordi di potere inconfessabili e oscuri. Alla domanda se fosse mai ritornata in Calabria Barbara Piattelli ha risposto con un più che comprensibile "mai".

Redazione

Editoriale del Direttore