Header Blog Banner (2)

Da anni ed anni si discute in Calabria di un modello sociale e politico figlio di una cultura del bisogno e dell'illegalità dura a morire. Un modello sociale basato soprattutto sul rapporto inestricabile fra il bisogno, la gestione del potere ed il controllo del voto degli elettori.

Il momento cruciale di ogni inchiesta giudiziaria è sempre concentrato nel reato di associazione mafiosa esterna e di scambio di pacchetti di voti con altri interessi dove l'intervento del politico è fondamentale. Ma quali sono le reali e concrete motivazioni per le quali questo infernale sistema non riesce ad essere scalfito e da anni resiste a qualsiasi cambiamento. Nella storia giudiziaria della Calabria centinaia le inchieste che hanno coinvolto personaggi politici, famiglie di 'ndrangheta e mediatori di "pacchetti di voti". Sin dagli anni '70 e soprattutto per quel che riguarda l'Ente Regione Calabria nata nel 1970. L'elenco dei consiglieri regionali, assessori e presidenti coinvolti in vicende giudiziarie con alterne fortune è lunghissimo. E considerato che la memoria non è uno sport che piace ai calabresi è bene rammentare che tanti sono stati i consiglieri regionali interessati, alcuni arrestati, altri ai domiciliari ed altri solo inquisiti. Alcuni condannati in via definitiva, altri assolti, altri assolti per prescrizione. Ognuno con una storia giudiziaria diversa. Chi può dimenticare le tante vicende giudiziarie dei consiglieri regionali espressione dei partiti della Prima Repubblica. Da alcuni assessori e consiglieri regionali del Psdi, dai tanti consiglieri regionali e assessori del Psi e della vecchia Dc. Chi dimentica che l'ex Presidente delle Ferrovie, Ludovico Ligato, ucciso in un agguato di mafia, fu anche consigliere regionale e assessore. Chi può dimenticare l'omicidio Francesco Fortugno, Chi dimentica l'omicidio Araniti che fu assessore regionale. Per riassumere le vicende giudiziarie di 50 anni di regionalismo calabrese con i suoi protagonisti occorrerebbe una nuova Treccani. Il nodo è rappresentato, allora come oggi, dal controllo del voto, dai pacchetti di voti. Per chi osserva la politica è pacifico il fatto che quando si forma una lista elettorale la valutazione è quella che si riassume con la ricerca di chi è considerato portatore di voti, cioè di preferenze. Ed il "voto" in Calabria non è frutto di appartenenza al partito o ad una idea di partito ma figlio della "preferenza", patrimonio personale del candidato. Mentre al Nord è esattamente il contrario. In Trentino Alto Adige su 10 elettori che si recano alle urne in due esprimono una preferenza. In Calabria alle regionali e alle comunali, su 10 elettori in 10 esprimono preferenze. Infatti i detentori di voti possono tranquillamente cambiare partito in ogni campagna elettorale e portare con se il pacchetto di voti ad ogni elezione. Si possono consentire anche di tramandarlo da padre in figlio alla stregua di un bene ereditario. Ed è sul patrimonio del bagaglio elettorale che si fonda il rapporto fra l'esercizio quotidiano di illegalità ed il controllo del voto stesso e, quindi, del territorio. Il controllo del voto proviene dal soddisfacimento quotidiano di richieste di favori e prebende. Classica domanda dell'elettore medio calabrese "Io ti voto e tu cosa mi dai?". La risposta può essere, ti sistemo un figlio, ti indico la strada per un appalto da pilotare, ti procuro una promozione in Ospedale o in un ufficio, ti faccio ricoverare tuo figlio dal mio amico primario, ti faccio cancellare la multa dal mio amico sindaco e così via. Tutto il vivere sociale si fonda sulla mediazione del politico e dell'elettore tramite un sistema di illegalità diffusa che permea ogni espressione economica, sociale, amministrativa del nostro vivere quotidiano. Quello che un tempo erano le segreterie politiche,  vere "agenzie sbrigatutto", oggi sono tanti esponenti politici, spesso veri e propri nuclei familiari, immarcescibili e padroni del territorio. Questo modello di gestione del voto è il rapporto inestricabile fra corruzione e politica. Ma gli elettori sono il popolo calabrese. E se non cambierà la cultura del popolo calabrese non cambierà mai nulla. Nelle passate elezioni regionali del 26 gennaio 2020 si recarono alle urne 840.563 calabresi ( il 65% degli elettori che vivono ed abitano realmente in Calabria). In quanti hanno espresso un voto libero, un voto frutto di ideali e scelte autonome ed in quanti, invece, hanno votato l'amico e l'amico degli amici? Quanti marpioni, professionisti della politica sono stati eletti con migliaia di voti che da tante legislature occupano gli scranni del consiglio regionale? ai lettori l'ardua risposta.

Redazione
 
 

Editoriale del Direttore