La scarcerazione di Bernardo Brusca ha fatto molto discutere e sull'onda della grande indignazione suscitata sul piano nazionale alcuni politici, sfruttando il momento, hanno avuto l'ardire di criticare la legge sui pentiti e di proporre una riforma della stessa che preveda l'annullamento delle premialità.
In poche parole l'annullamento della legge stessa perchè, come è ovvio, senza premialità nessuno mai prenderebbe la decisione di collaborare con la giustizia. Non si può dimenticare che questi tessi politici in modo ipocrita e falso lodano Falcone e poi cercano di liquidare una legge voluta fortemente dallo stesso Falcone. Ma questa è la politica in Italia in mano a personaggi discussi e legati da sempre ad organizzazioni criminali che poi, ovviamente, votano i partiti condotti da questi personaggi. E su tale argomento proponiamo integralmente un chiaro ed illuminante articolo di Giulio Cavalli scritto su TPI.it ( The Post Internazionale).
"Sapete cosa sognava la mafia? Una revisione della legge sui pentiti. Era un chiodo fisso di Totò Riina, era una delle richieste che Cosa Nostra aveva intenzione di fare allo Stato, è il cruccio di molti boss che hanno dovuto fare i conti con le rivelazioni di collaboratori di giustizia in grado di aprire squarci fondamentali per le indagini e per le condanne. Non serve nemmeno studiare troppo per sapere che la delegittimazione dei testimoni di giustizia sia il miglior favore che si passa rendere alla criminalità organizzata e basterebbe studiare la storia recente del nostro Paese per scorgere tra i politici poi condannati per reati di mafia un enorme dispendio di energie per mettere mano alla legge sui pentiti. Che la scarcerazione di Brusca sarebbe stata il gancio perfetto per una sponda più o meno consapevole alle mafie si capiva fin dall’inizio: l’enorme squilibrio di attenzione sui reati commessi da un pentito mentre ci si ostina a giustificare criminali conclamati in tutti i gradi di giudizio ha lo stesso profumo di quell’Italia che puntava il dito sui picciotti mafiosi fingendo di non vedere i colletti bianchi. È la solita prevedibile dinamica semplicemente un po’ più evoluta nei modi e nei toni: racconta al mondo che l’eliminazione di Falcone sia opera di Giovanni Brusca e intanto stendi un velo sui mandanti. Così è perfettamente funzionale un Salvini che si dice preoccupato che Brusca possa passeggiare libero per strada mentre nessuno gli chiede cosa ne pensi di un Paese in cui i mandanti possano essere addirittura classe dirigente del Paese. Pochi intanto si prendono la briga di chiedere agli odiatori dei pentiti come possano contemporaneamente dichiararsi cultori di Falcone e Borsellino: furono proprio i due giudici a intuire per primi l’enorme ruolo dei pentiti. Venerare Falcone e volere i pentiti senza sconti in galera è una contraddizione cretina, strumentale, populista e ignorante. Decidetevi, mettetevi d’accordo. Anche perché il paradosso è dietro l’angolo: equiparare un pentito a un mafioso omertoso significa inevitabilmente indurre i criminali a non collaborare. Tutte le posizioni sono legittime ma almeno non bestemmiate la memoria di Falcone. Mentre i giornali si riempiono di notizie su una possibile riforma della legge sui pentiti i mafiosi brindano. Intanto sullo sfondo c’è la riforma sul carcere duro, il ponte di Messina, la liberalizzazione dei subappalti è una montagna di soldi che arrivano dall’Europa. Nemmeno Riina avrebbe potuto sognare un’epoca così".
GIULIO CAVALLI