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Che la sanità in Calabria sia disastrata da anni d anni non vi è dubbio alcuno ed è oramai fatto assodato per tutti, ma che a questo si aggiungesse anche la sfortuna di avere nell'importantissimo ruolo di Commissario per la sanità un personaggio che ha dimostrato la sua palese inadeguatezza in una clamorosa intervista televisiva non era neanche immaginabile.

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legge "Misure urgenti per il rilancio del servizio sanitario della Regione Calabria". Ovviamente l'approvazione del decreto rappresenta anche una continuità del provvedimento emergenziale già emanato in precedenza ed implica il temporaneo mantenimento del ruolo di commissario ad acta dell'attuale commissario, Saverio Cotticelli e di tutti i commissari straordinari nominati dal Governo alla guida delle aziende sanitarie e delle Aziende Ospedaliere la cui funzione, come nel caso dell'Asp e dell'Azienda Ospedaliera, era scaduta al 31 ottobre scorso.

Medici e anestesisti firmano un protocollo congiunto in cui si precisa che l'accesso alla terapia intensiva sarà privilegio di chi “potrà ottenere grazie ad essa un concreto, accettabile e duraturo beneficio”. Nel momento in cui i posti disponibili saranno inferiori ai pazienti necessitanti di cure bisognerà operare una scelta, che vada dall'età del soggetto al quadro clinico generale, oltre “lo stato funzionale pregresso, l’impatto sulla persona dei potenziali effetti collaterali delle cure intensive, la conoscenza di espressioni di volontà precedenti". Il documento è stato vergato dalla Federazione nazionale dei medici (Fnomceo) e dalla Società italiana di anestesia (Siaarti). Di questa situazione se n'era già parlato a marzo, quando lo stress sulle strutture cliniche aveva raggiunto i picchi di massima. Già allora vi furono molte critiche. Dovendo tuttavia – si precisa - "il medico sempre provvedere a porre in atto le valutazioni e l’assistenza necessaria affinché l'eventuale progressione della patologia risulti il meno dolorosa possibile e soprattutto sia salvaguardata la dignità della persona". C’è chi giudica queste misure come bestiali, nichiliste, che danno supremazia al concetto di razionalità e selezione della specie. In Svizzera lo scorso febbraio il Governo centrale aveva cercato di varare un protocollo drastico, tra scandali e polemiche in tutto il mondo, anche nella comunità medico-scientifica. Ad esempio in quel caso si decideva insindacabilmente che gli over 85 non potessero accedere alle terapie intensive, o gli over 75 con patologie gravi, o i giovani con aspettativa di vita inferiore ai 12 mesi, ecc. L’errore era voler mettere paletti incontrovertibili, che non tenessero conto dell'autonomia decisionale delle strutture sanitarie, dei medici, e dei comitati etici caso per caso. S’è vero che non si può trattare la razza umana come un codice a barre, è anche vero che – al netto di retorica e ipocrisia, con protocolli o leggi firmati o meno, una scelta con annesse responsabilità qualcuno deve pur farla. Se parliamo in termini circostanziali, non è giusto o sbagliato, ma dolorosamente necessario. Avendo dieci bicchieri d'acqua e mille assetati, dovrò necessariamente orientare le mie scelte con il criterio delle “possibilità di sopravvivenza”. Il punto dolente semmai, la vera denuncia che andrebbe fatta è: “Perché abbiamo creato una simile situazione?” Già, i drammi del nostro Servizio Sanitario Nazionale partono da lontano e sono figli di oltre vent’anni di spending review. Prendiamo i posti letto di terapia intensiva, nel 2012 l’Italia ne aveva 12,5 ogni 100mila abitanti (Belgio 15,9; Austria 21,8; Germania 29,2), a febbraio 2020 siamo scesi a 8,58 ogni 100mila abitanti. Secondo i dati Istat nel 2016 per la Sanità abbiamo speso 1.844 euro ad abitante, la Francia 3.201 euro, la Germania 3.605 euro, l’Inghilterra 2.857 euro. Nel 2019 l’OCSE afferma che il Bel Paese è sotto la media sia per la spesa sanitaria totale, che per l’investimento pubblico (6,5% del PIL nel 2017), facendo meglio solo di Spagna, Portogallo, Grecia. E con tutti i limiti, abbiamo comunque la quarta migliore aspettativa di vita dell’area, grazie alla prevenzione primaria, gli stili di vita sani, la qualità dell’alimentazione, ecc. Dal 2010 al 2019, denuncia la Fondazione Gimbe, sono stati tagliati 37 miliardi di euro alla Sanità. Con finanziamenti che sono cresciuti meno del fabbisogno e comunque dello 0,9% annuo, a fronte di una inflazione media dell’1,07%. Questo significa che in termini reali, di spesa, s’è ridotta e non aumentata la capacità. Dal 1998 in poi sono calati costantemente i posti letto nelle strutture pubbliche con un incremento dei privati convenzionati, che pero alcuni servizi (come l’intensiva) non li garantiscono. Così siamo passati dai 5,8 posti letto ogni mille abitanti (per la degenza ordinaria), ai 4,3 ogni mille abitanti del 2007, per concludere amaramente con i 3,6 ogni mille abitanti nel 2017. La media europea è di 5 posti letto ogni mille abitanti. Nel 1980 avevamo 922 posti per malati acuti ogni centomila abitanti, oggi siamo arrivati a 275. Al di sotto di Paesi come la Serbia, la Slovacchia, Bulgaria e Grecia. Ultima nota scottante, gli operatori sanitari. Tra il 2009 e il 2017 abbiamo perso oltre 8mila medici e 13mila infermieri. A proposito di infermieri, siamo molto al di sotto della media europea (5,8 ogni mille abitanti a fronte degli 8,5 UE). Restiamo sopra la media per i medici, con un calo però di quelli di famiglia e che esercitano nel pubblico. Tutto questo per dire che forse i lockdown serrati e continui a cui ci stanno sottoponendo servono a salvare prima il SSN, e poi le vite umane. Se davvero abbiamo percentuali quasi assolute di asintomatici, è la gestione – il panico – e il voler tracciare chiunque contragga il virus pur non avendo sintomi, ad avere mandato in tilt il sistema. Non abbiamo le strutture, gli operatori, i mezzi, i dispositivi, per un’operazione di tale portata. Con molti virologi perfino contrari, sia sugli allarmismi, sia su questo irrazionale fomentare la paura. Abbiamo generato la “corsa agli sportelli”, con i pronto soccorso al posto delle banche. Ovvio che gli ospedali vadano in default. Il Coronavirus ha tolto il velo a una fragilità endemica, consolidata, che abbiamo costruito negli anni. Solo tornando a investire seriamente su Salute, benessere e assistenza, potremo tutelarci – oggi e in futuro – dai pericoli del domani.

 
Articolo scritto da Andrea Lorusso
Fonte: www.affaritaliani.it

Il Procuratore capo della Procura della Repubblica di Catanzaro, dott. Nicola Gratteri, ospite al Salone della Giustizia a Roma, nel suo seguitissimo intervento ha sostenuto che "anche nella magistratura vi sono magistrati corrotti e collusi". Una dichiarazione forte, coraggiosa, che impone serie riflessioni nell'ambito del sistema giustizia. "Vi è un problema corruzione ma conosco migliaia di magistrati e la loro serietà, soprattutto di quelli che non si vedono in tv e non hanno notorietà. I magistrati italiani sono quelli che lavorano di più in Europa. Sarebbe ingrato parlare di un sistema, però ci sono corrotti, collusi. Abbiamo visto di recente dei magistrati arrestati - ha affermato Nicola Gratteri - che aprivano buste e contavano i soldi: il problema c'è e i magistrati sono uomini di questa società, non marziani. Spero che chi decide di fare questo lavoro così delicato lo faccia per amore. Eppure lavoriamo bene e guadagnamo bene, il resto si chiama ingordigia".  "Dobbiamo essere feroci - ha rimarcato Nicola Gratteri - nei confronti di questi magistrati che commettono reati e ricevono soldi e regali. Molti avvocati sanno che esiste questo fenomeno e mi auguro che ci siano coloro che non sopportino e denuncino il fatto che colleghi riescano ad ottenere cause o assoluzioni perché hanno i canali per pagare. Gli avvocati sono i primi a sapere quello che accade dietro le quinte di un processo". Più volte è stato affrontato il tema scottante della corruzione nel mondo della magistratura e non sono stati pochi i casi di corruzioni accertate ma sicuramente le dure parole espresse con coraggio dal Procuratore Gratteri evidenziano come esista un fenomeno di corruzione nell'ambito della magistratura che costituisce una forte ferita alla credibilità dell'azione giudiziaria. In alcun Procure calabresi storicamente si è sempre sottovoce discusso della presenza di magistrati che probabilmente corrotti hanno garantito negli anni una forte impunità a tanti colletti bianchi e politici che provenienti da ceti popolari poveri in pochi anni hanno costruito fortune economiche immense sulle quali mai nessuno ha indagato. E' necessario che la parte pulita della magistratura possa impegnarsi con forza per arginare quella parte corrotta che per fin troppo tempo ha impedito la possibilità di far luce nel mondo oscuro del terzo livello e delle coperture altolocate che hanno garantito alla 'ndrangheta e alla corruzione una crescita illimitata ed una totale impunità. E' giunta l'ora di voltare pagina e di supportare l'azione forte ed incisiva del Procuratore capo Nicola Gratteri, punto di riferimento della Calabria onesta che vuole cambiare.

Redazione



 

La sanità in Calabria è da sempre al collasso e non è certamente una novità il fatto che ci si barcamena da sempre fra annunci e declamazioni ai quali segue la mancanza assoluta di fatti concreti. Ma la triste situazione che ha cambiato tutto, quella della diffusione del Covd-19 ha reso ancora più un vero martirio che nessun vocabolo può descrivere pienamente per coloro i quali sono costretti oggi ad affidarsi alle strutture sanitarie. Continua ad aggravarsi la cronica mancanza di personale sanitario. Si pensi al sovraccarico del Pronto Soccorso dell'Ospedale dell'Annunziata di Cosenza che deve sopperire ad un'utenza vastissima considerata la chiusura di tanti ospedali periferici con un personale sempre esiguo e che certamente non può fare miracoli. Inoltre, e non è fatto di poca importanza, i degenti, soprattutto quelli anziani che sono sempre di più considerando che la popolazione calabrese invecchia sempre più, non possono più contare sull'assistenza dei familiari essendo proibito loro qualsiasi visita ai propri cari per motivi di sicurezza anti-Covid. I servizi sanitari sono peggiorati, i tempi per le diagnosi e per i relativi trattamenti si sono dilatati, il personale medico, quello infermieristico e OOS vivono in sempre maggiori difficoltà. La mancata risposta di tutela della salute rappresenta sempre più uno dei problemi più gravi da affrontare, ma essendo la sanità terreno di conquista della politica e luogo di gestione del potere è sempre più arduo sperare in qualche miglioramento. E' necessario un forte impegno corale e popolare per affrontare il dramma della sanità. Non è più il momento di stare zitti, di attendere ciò che non arriverà mai, di continuare a credere alle solite menzogne della politica e ai soliti annunci da campagna elettorale sempre fasulli e farlocchi. E' giunto il momento di aprire gli occhi e muoversi autonomamente creando associazioni, mobilitando le piazze, riportando il dramma all'attenzione dell'opinione pubblica. Prima che sia troppo tardi e prima che il tutto non diventi irreversibile. Si tratta del bene più prezioso di ognuno di noi, quello della salute e della sua tutela.

Redazione

Nel pieno centro cittadino, si Via Simonetti, vi sono dei lavori di rifacimento di una parte del marciapiede che sono fermi da più mesi. In seguito alla rottura di una conduttura idrica è stato necessario per ripararla procedere a degli scavi sul piastrellato del marciapiede. Lavori di rifacimento che non sono stati completati. I lavori non completati costringono i pedoni a transitare sul manto stradale con grave rischio per la propria incolumità anche perchè Via Simonetti è caratterizzata da un continuo transito di auto di giorno e di notte. Nonostante le continua segnalazioni agli uffici preposti comunali sia da parte di commercianti della zona che di inquilini nulla si è mosso. evidentemente si attende che qualcuno possa subirne conseguenze di natura personale. Ci si augura che tale ennesima segnalazione possa sollecitare il veloce e sacrosanto intervento per ripristinare il marciapiede al più presto e eliminare il pericolo che il lavoro incompiuto rappresenta.

Redazione

Il dramma della giustizia "giusta" in Italia è un dramma irrisolto da sempre. Tanti i casi di ingiuste detenzioni, cioè di detenzioni che la stessa giustizia ha riconosciuto come ingiuste condannando lo Stato ad un rimborso nei confronti di chi subisce una simile tragedia. Quella di vivere una drammatica e scioccante esperienza di detenzione da innocente. "Persone arrestate ingiustamente, famiglie distrutte, attività lavorative andate in frantumi, ondate di fango sulle persone arrestate, e, soprattutto nessuno che paghi per gli errori commessi. Anzi, spesso chi ha sbagliato è promosso a prestigiosi incarichi".  Ad affermare ciò il deputato di Forza Italia, Enrico Costa, responsabile del dipartimento giustizia del movimento berlusconiano. "Nel 2019  i casi di ingiusta detenzione sono stati 1000, per una spesa complessiva in indennizzi di cui è stata disposta la liquidazione pari a 44.894.510,30 euro. Rispetto all'anno precedente, sono in deciso aumento - afferma Enrico Costa -  il numero di casi (+105) e soprattutto la spesa (+33%). Sul sito "errorigiudiziari.com"  emerge che nel 2019 il record di casi indennizzati spetta a Napoli con 129 seguita da Reggio Calabria con 120 e da Roma con 105, poi Catanzaro con 83 casi, Bari con 78 e Catania con 75. Il record della somma per indennizzi per il 2019 spetta invece a Reggio Calabria con 9.836.000 euro, seguita da Roma con 4.897.000 e Catanzaro con 4.458.000". 

Redazione

Editoriale del Direttore